
Tanti i padri che fanno richiesta per il congedo ma restano ancora le differenze tra chi lavora in grandi realtà produttive e chi invece no
Crescono le richieste di congedi di paternità (+38% in 10 anni) e anche i casi di dimissioni dei padri che decidono di dedicarsi ai propri figli. Guardando le singole annualità si scopre che nel 2021, a chiedere il congedo di 10 giorni sono stato 155 mila neopapà mentre negli ultimi due anni si sono registrati il 43,9% in più di dimissioni da parte dei padri chiamati a provvedere in prima persona alle cure dei propri figli.
Un segno ulteriore del fatto che la mentalità sta ambiando anche in Italia dove, solitamente, la cura dei figli è delegata prettamente alla madre, arriva proprio dal congedo di paternità. Nell’arco di poco più di 10 anni, infatti, è aumentato nella durata: dopo 1 giorno obbligatorio e 2 facoltativi previsti all’inizio si è passati ai 10 giorni attuali. Permesso di cui si può usufruire tra i due mesi precedenti e i 5 successivi al parto.
Nel 2013, un anno dopo la sua istituzione, la percentuale di chi ne faceva uso era poco sopra il 19, aumentando esponenzialmente di anno in anno fino al al 48,53% del 2018 e attestandosi al 57,60% nel 2021. Impossibile, però, non notare alcune disuguaglianze tra la maggioranza di chi ne usufruisce: per lo pù i padri che lavorano in grandi realtà produttive, con contratti a tempo indeterminato e a tempo pieno. Senza contare il gap perenne tra chi vive e lavora al sud e chi invece, al nord: la differenza in questo caso è di 17 punti percentuali.
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