
Le restrizioni all’esportazione di materie prime critiche sono quintuplicate da quando l’Ocse ha iniziato a raccogliere i dati nel 2009, e il 10% delle esportazioni globali di materie prime critiche è ora soggetto ad almeno una misura di restrizione all’esportazione
Le restrizioni all’esportazione di materie prime critiche sono quintuplicate da quando l’Ocse ha iniziato a raccogliere i dati nel 2009 e il 10% delle esportazioni globali di materiali come litio, cobalto e terre rare, necessarie per i veicoli elettrici e le energie rinnovabili, ha subito almeno una misura di restrizione all’esportazione.
Le misure hanno spesso assunto la forma di tasse sulle esportazioni anziché di tetti alle quantità. Il prezzo di molte materie prime, tra cui l’alluminio e il rame, hanno infatti raggiunto livelli record, a causa delle ripercussioni della pandemia Covid-19, delle tensioni commerciali e delle continue conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina.
Cina, India, Argentina, Russia, Vietnam e Kazakistan hanno emesso il maggior numero di nuove restrizioni alle esportazioni di materie prime critiche nel periodo 2009-2020 e rappresentano anche le quote più elevate di dipendenza dalle importazioni dei Paesi Ocse.
Le restrizioni all’export possono compromettere seriamente la transizione green, ostacolando potenzialmente gli sforzi dei governi per ridurre le emissioni di carbonio. «La sfida di raggiungere emissioni nette di CO2 pari a zero richiederà un significativo aumento della produzione e del commercio internazionale di materie prime critiche – ha dichiarato il Segretario Generale dell’Ocse Mathias Cormann. – I responsabili politici devono esaminare attentamente il modo in cui la concentrazione della produzione e del commercio, unita al crescente ricorso alle restrizioni all’esportazione, influisce sui mercati internazionali delle materie prime essenziali. Dobbiamo fare in modo che le carenze di materiali non ci impediscano di rispettare i nostri impegni in materia di cambiamenti climatici».
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