
La produzione di semiconduttori rischia di impattare sullo scenario produttivo globale più a lungo di quanto stimato, ma per il motivo opposto
Dopo essere stata al centro dei problemi di approvvigionamento post covid (e anche con un ruolo nella crescita dell’inflazione) la produzione di semiconduttori rischia di impattare sullo scenario produttivo globale più a lungo di quanto stimato (o sperato) da imprenditori e analisti. Lo riporta il Financial Times.
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Ma in una direzione opposta al recente passato, e cioè per un accumulo delle scorte. Il monito arriva da Taiwan, il ‘cuore’ di questo settore, dove le aziende produttrici indicano la possibilità di un rallentamento più marcato e più lungo del settore.
Presentando nei giorni scorsi i risultati finanziari la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, il più grande produttore di chip al mondo, ha abbassato le sue aspettative per una ripresa del mercato, con la possibilità del primo calo dei ricavi annuali dal 2009.
“L’adeguamento dell’inventario dei semiconduttori nella prima metà del 2023 richiederà più tempo delle nostre aspettative precedenti”, ha detto agli investitori CC Wei, amministratore delegato di TSMC, presentando i risultati del primo trimestre e spiegando che l’eccesso di scorte “potrebbe estendersi fino al terzo trimestre di quest’anno prima di tornare a un livello più sano”.
Dopo aver aumentato i ricavi netti del 43% lo scorso anno, TSMC ora prevede che le vendite diminuiranno nel 2023. Stesso segnale dalla Semiconductor Industry Association per cui le vendite globali del settore sono diminuite del 20,7% nel febbraio 2023 rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, il sesto mese consecutivo di calo.
Sul dato pesa il rallentamento del settore smartphone che hanno registrato il loro quinto trimestre consecutivo in ribasso, con la spesa dei consumatori compressa dall’inflazione.
Gli occhi a questo punto sono puntati su Intel che pubblicherà i dati trimestrali la prossima settimana, con l’attesa di un calo del 39% su base annua dei ricavi rettificati, più forte di quanto registrato dopo la crisi finanziaria del 2008.
(foto SHUTTERSTOCK)