
Iniziate le audizioni dei maggiori enti economici del Paese, in vista della discussione della Nota di aggiornamento sul documento economico e finanziario
Nelle commissioni Bilancio del Senato e della Camera sono iniziate le audizioni sulla Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza che arriverà nelle Aule di Palazzo Madama e di Montecitorio mercoledì.
Oggi, lunedì, intervengono i rappresentanti del Cnel, dell’Istat, della Corte dei Conti e della Banca d’Italia e domani, martedì, l’Ufficio parlamentare di bilancio e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
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«Gli indicatori congiunturali più recenti suggeriscono per i prossimi mesi il permanere della fase di debolezza dell’economia» ha detto il presidente facente funzione dell’Istat Francesco Maria Chelli (nella foto) in audizione. «Al netto dell’andamento dei fattori ‘esogeni’ internazionali, elementi di freno alla crescita sono legati anche a condizioni di accesso al credito più rigide per famiglie e imprese e al lento recupero del potere d’acquisto delle famiglie», ha aggiunto.
Secondo quanto riferito da Chelli, la versione dei Conti nazionali trimestrali diffusa il 4 ottobre, coerente con le stime annuali pubblicate il 22 settembre, ha confermato il profilo congiunturale del Pil dei primi due trimestri dell’anno, con una crescita congiunturale nel primo dello 0,6% e una contrazione nel secondo (-0,4%). Le stime del tasso di crescita tendenziale hanno subito una lieve revisione, risultando pari al 2,1% nei primi tre mesi dell’anno (da +2%) e allo 0,3% nel secondo trimestre (dal +0,4%). Sulla base di tali andamenti, la variazione acquisita per il 2023 resta pari a +0,7%.
«Lo stimolo agli investimenti fornito dalle risorse del Pnrr dovrebbe manifestarsi più compiutamente a partire dal 2024; la realizzazione di investimenti pubblici e riforme previste dal Pnrr sarà oltremodo rilevante per il raggiungimento degli obiettivi di crescita previsti dal governo» ha aggiunto il presidente dell’Istat.
Sempre secondo l’Istituto, le retribuzioni reali sono tornate sotto i livelli del 2009. Per la straordinaria crescita dei prezzi nel 2022, la differenza tra aumento dell’inflazione e delle retribuzioni contrattuali sull’intero periodo (2009-2023) è stato pari a 12 punti percentuali.
La differenza di crescita tra salari e prezzi varia nei diversi settori, passando dai 4,1 punti per l’agricoltura e 4,7 punti per l’industria, dai 13,6 punti per i servizi privati ai 19,5 punti per la Pa. A settembre degli oltre 400 beni aggregati utilizzati da Istat per calcolare l’inflazione oltre il 58% evidenzia un incremento dei prezzi uguale o superiore al 10% sul 2019. Oltre la metà è rappresentato da generi alimentari. Aumenti non inferiori al 25% si registrano per oltre il 17% degli aggregati, il 13% nel solo settore alimentare; per il 5,2% dei casi, gli aumenti di prezzi risultano superiori o pari al 40%.
(foto IMAGOECONOMICA)