
Aumentano anche gli occupati a dicembre: +2% su anno. Istat: retribuzioni, +3,1% nel 2023
Buone notizie arrivano dal fronte lavoro in Italia con la disoccupazione ai minimi da 16 anni. Il tasso a dicembre scende al 7,2% (-0,2 punti) toccando il livello più basso dal dicembre 2008, quando era pari al 6,9%. Cala ai minimi da luglio 2007 anche quella giovanile che si attesta ora al 20,1%. E’ la stima provvisoria dell’Istat.
Rispetto a dicembre 2022 calano sia il numero di persone in cerca di lavoro (-8,5%, pari a -171mila unità) sia quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-2,5%, pari a -310mila).
Aumenta anche il numero degli occupati. A dicembre su mese il tasso cresce dello 0,1% pari a +14mila unità, tra gli uomini, i dipendenti a termine, gli autonomi e gli under 34, mentre cala tra donne, dipendenti permanenti e tra chi ha almeno 35 anni. Su anno si registra una crescita del 2% pari a 456 mila unità. Anche in questo caso l’aumento coinvolge uomini, donne e tutte le classi d’età.
Il tasso di occupazione sale al 61,9% (+0,1 punti). «A dicembre 2023 – è il commento dell’Istat – prosegue la crescita dell’occupazione, che coinvolge i dipendenti a termine, 2 milioni 986mila, e gli autonomi, 5 milioni 45mila. Il numero degli occupati – pari a 23 milioni 754mila – è in complesso superiore a quello di dicembre 2022 di 456mila unità, come sintesi dell’incremento di 418mila dipendenti permanenti e 42mila autonomi a fronte della diminuzione di 5mila dipendenti a termine».
Secondo i dati resi noti oggi dall’Istat nella media del 2023 l’indice delle retribuzioni orarie è cresciuto del 3,1% rispetto all’anno precedente. «Scandaloso che le retribuzioni crescano nel 2023 solo del 3,1%, quando l’inflazione media annua dello scorso anno è stata pari, secondo l’indice Ipca, al 5,9%, ossia quasi il doppio, +5,7% al netto dell’energia. E’ un diritto del lavoratore avere una busta paga dignitosa, un diritto previsto dall’art. 36 della Costituzione che però è da anni sistematicamente violato. Questa situazione vergognosa va a braccetto con il dato del tempo medio di attesa di rinnovo che segna un balzo inaccettabile dai 20,5 mesi di gennaio 2023 ai 32,2 mesi di dicembre 2023. Per questo da anni chiediamo che in caso di mancato rinnovo dei contratti si ripristini la scala mobile all’inflazione programmata, almeno per chi ha un reddito inferiore a 35 mila euro», afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
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