Non arrivano buone notizie dal fronte macro-economico del Giappone visto che risulta in aumento l’inflazione a causa soprattutto dell’aumento delle bollette energetiche e delle spese alimentari, una dinamica che inciderà sul prossimo rialzo dei tassi da parte della Banca del Giappone. Secondo i dati governativi a maggio il dato, misurato dall’indice dei prezzi al consumo, è cresciuto del 2,5% su base annua, rispetto al 2,2% registrato in aprile, mantenendosi sopra l’obiettivo del 2% della Boj per il ventiseiesimo mese consecutivo. E’ più o meno in linea con una previsione mediana di mercato per un guadagno del 2,6%.
Nello specifico i prezzi dell’energia sono aumentati del 7,2%, con un balzo del 14,7% per l’elettricità, mentre quelli degli alimenti hanno evidenziato un rialzo del 3,2%, in leggero rallentamento rispetto al mese precedente.
Ma l’inflazione misurata da un indice che esclude sia gli alimenti freschi che il carburante è rallentata al 2,1% a maggio dal 2,4% di aprile, segnando l’aumento su base annua più basso da settembre 2022.
L’inflazione dei servizi nel settore privato è scesa al 2,2% a maggio rispetto al 2,4% del mese precedente, suggerendo che le aziende sono rimaste caute nel trasferire i costi del lavoro.
Intanto lo yen si è indebolito per il settimo giorno consecutivo, scendendo a 158,95 contro il dollaro USA. Il capo diplomatico valutario del Giappone, Masato Kanda, ha affermato che il governo è pronto a fare una mossa contro la volatilità del mercato valutario che ha danneggiato l’economia. «Finché i tassi valutari si muovono stabilmente in linea con i fondamentali, non c’è bisogno di intervenire. Al contrario, se c’è una volatilità speculativa ed eccessiva nel mercato, intraprenderemo azioni risolute», ha detto.
Il segretario capo del gabinetto Yoshimasa Hayashi ha anche messo in guardia gli orsi dello yen dallo spingere al ribasso la valuta, affermando che le autorità continueranno a monitorare i movimenti nel mercato dei tassi di cambio. «È importante che i tassi di cambio si muovano in modo da riflettere i fondamentali», ha detto in una conferenza stampa.
Il Giappone ha speso 9,8 trilioni di yen (61,6 miliardi di dollari) intervenendo sul mercato dei cambi tra aprile e maggio, dopo che la valuta giapponese ha toccato il minimo di 34 anni a 160,245 per dollaro il 29 aprile. Anche se le mosse hanno impedito allo yen di toccare nuovi minimi, non sono riuscite a invertire la tendenza al ribasso della valuta che sta danneggiando le famiglie facendo aumentare i costi di importazione di carburante e cibo.
E mentre i mercati tengono d’occhio la possibilità di un nuovo intervento il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha inserito il Giappone nella sua “lista di monitoraggio” valutario, ma non lo ha classificato come manipolatore valutario. Il ministro delle Finanze Shunichi Suzuki ha detto di non credere che Washington abbia alcun problema con la politica valutaria del Giappone. «Comuneremo strettamente con le autorità degli Stati Uniti e di altri paesi sulla base dell’accordo del G7 secondo cui movimenti valutari eccessivi e disordinati potrebbero avere effetti negativi sulle economie», ha detto Suzuki in una regolare conferenza stampa.