Inizialmente l’Ue aveva avviato un’indagine antidumping sulle auto cinesi, la Cina invece sulle importazioni di carne di maiale e di liquori dall’Europa. Alla fine, pero l’Unione europea, costretta a rispondere alla minaccia cinese e pur cercando di evitare lo scontro con Pechino, ha dovuto scegliere la strada dei dazi. Si stanno creando i presupposti per una seconda guerra commerciale dopo quella con gli USA? A rispondere è Alessandro Bergonzi, Financial Markets Content Specialist di Investing.com.
L’Ue ha avviato un’indagine antidumping sulle auto cinesi, la Cina invece sulle importazioni di carne di maiale e di liquori dall’Europa. Per quale motivo l’Europa ha deciso una strategia simile? E perché anche gli USA, ormai da anni, stanno facendo altrettanto?
«I dazi sono stati motivati con la necessità di contrastare le sovvenzioni statali di cui godono le aziende cinesi. Ma l’accelerata definitiva dell’Ue è arrivata dopo la decisione degli Stati Uniti di quadruplicare i dazi sulle auto elettriche cinesi, fissati ora al 100%. Il rischio è che i veicoli esclusi dal mercato Usa vengano dirottati nel Vecchio Continente, soffocando ancor più i costruttori europei. Il problema è che la Cina è effettivamente avanti sia sul piano tecnologico che sui prezzi, visto che produrre in Cina costa decisamente meno che farlo in Occidente».
La Cina ha risposto accusando l’Unione Europea di spionaggio. Il ministro del commercio cinese He Yadong ha infatti dichiarato che “la quantità di informazioni dettagliate sulle catene di approvvigionamento delle case automobilistiche cinesi richieste dalla Commissione europea nell’indagine anti-dumping è stata senza precedenti e ha minato il principio di concorrenza”. Quali potrebbero essere le prossime mosse di Pechino?
«Per rispondere ai dazi Ue la Cina ha già avviato le indagini per dumping sugli alcolici e sulla carne di suino e potrebbe proseguire su questa strada colpendo le importazioni di altri prodotti dall’Unione europea. Ma Pechino non ha bisogno di grandi mosse ad effetto. Del resto, è già forte del vantaggio competitivo che è riuscita costruirsi. Il governo della Repubblica Popolare si muove da anni su due fronti: da un lato, lavora per ottenere concessioni lì dove i materiali sono estratti. Dall’altro, investe sulla ricerca di nuove tecniche di raffinazione dei metalli e di assemblaggio delle batterie. E adesso all’Europa non rimane che copiare. L’ha capito bene Stellantis che a breve avvierà la distribuzione delle auto elettriche cinesi di Leapmotor in Italia ed Europa, per poi passare anche agli altri continenti. Della serie: se non puoi sconfiggerli, fatteli amici».
La recente visita del ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck in Cina ha confermato che nella guerra dei dazi tra Bruxelles e Pechino la Germania è in prima fila per evitarli. Per quale motivo?
«La battaglia sulle auto elettriche ha avuto anche ripercussioni interne all’Ue, mostrando alcune crepe tra gli stati membri. Francia e Spagna hanno sostenuto con forza l’aumento, vedendolo come uno strumento per proteggere l’industria automobilistica europea. Al contrario, la Germania, che vanta forti legami commerciali con Pechino, si è opposta all’incremento dei dazi. Negli ultimi 8 anni la Cina è stato il principale partner commerciale di Berlino, solo recentemente superata dagli Stati Uniti, ed è il mercato più importante per l’industria dell’auto tedesca. Colossi come Bmw, Mercedes e Volkswagen hanno delocalizzato la produzione in Asia e non per niente hanno definito un “autogol” la decisione della Commissione».
Quali nazioni, in Europa, si oppongono alla decisione europea sui dazi? E per quali motivi?
«Oltre la Germania, sono contrarie alla decisione: la Svezia, il cui maggior produttore nazionale, la Volvo, è controllata dalla cinese Geely; e l’Ungheria, che da tempo è la principale meta degli investimenti cinesi nell’auto elettrica. E proprio lo Stato dell’Est Europa è stato scelto da Byd, azienda di Shenzen che contende a Tesla il ruolo di maggior venditore al mondo di veicoli a batteria, per inaugurare il suo primo stabilimento europeo».
La Cina ha già dichiarato in più occasioni che non starà a guardare forte anche del suo impero sparso per il mondo. Dalla via della Seta passando al club dei Brics, Pechino, nel tempo, ha creato una fitta rete di alleanze commerciali, molte nel sud est asiatico zona economicamente in grande espansione. Si può immaginare la nascita di un fronte economico di “alleati della Cina” in contrapposizione all’occidente?
«Lo sviluppo delle economie asiatiche non può che essere un bene per la Cina, che certamente approfitterà della crescita di Paesi come il Vietnam per ampliare la sua rete commerciale. Contemporaneamente aumenta anche il peso dei Brics dove Xi Jinping ricopre il ruolo di vertice. Ma l’ambizione è sempre quella di conquistare l’Occidente e i cinesi sono ormai abilissimi a muoversi nell’economia capitalista: penetrano nei mercati e conquistano i consumatori, evitando di scontrarsi con la politica».
Una strategia che, ricorda Bergonzi, va avanti da anni e contro cui difficilmente potranno bastare dei dazi tardivi.