Secondo gli ultimi dati dell’Istat nel 2022 il valore dell’economia non osservata sale a oltre 200 miliardi, 201,6 miliardi per la precisione, segnando +9,6% su base annua, mentre quella sommersa vale 181,8 mld.
«Dati sconfortanti e demoralizzanti, non degni di un Paese civile. L’evasione resta una voragine, un burrone dal quale non si vuole uscire, un problema irrisolto di questo Paese. Il lavoro nero è una battaglia persa, dato che nessuno ha mai voluto ancora combatterla – afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. – Non basta, infatti, qualche assunzione in più all’Ispettorato nazionale del lavoro per contrastare la piaga sociale del lavoro nero. Bisogna cambiare le regole, creando un contrasto di interessi tra datore di lavoro e lavoratore. Fino a che il dipendente che denuncia di aver lavorato in nero rischia di essere perseguito come evasore e di dover pagare le tasse arretrate, non si andrà da nessuna parte. Anche i termini per impugnare un licenziamento illegittimo, appena 60 giorni, sono assurdi per un lavoratore in nero che deve trovare le prove di essere stato un lavoratore di quell’azienda e di certo non facilitano l’emersione del fenomeno».
Sempre secondo i dati resi noti oggi nel 2022 il valore aggiunto generato dal lavoro irregolare è pari nel 2022 a 69 mld e 189 mln contro i 65 mld e 509 mln del 2021.
«Insomma, invece di migliorare si peggiora, con un rialzo di quasi 4 miliardi (3,680). Il fatto che il dato sia in lievissimo calo rispetto al Pil è solo una magra consolazione, dovuta al rialzo del Pil e non ad un contrasto al fenomeno visto che nel 2022 sono 2 milioni e 986 mila le unità di lavoro a tempo pieno (Ula) in condizione di non regolarità contro i 2 mln e 983 mila del 2021», conclude Dona.
Ricordiamo che per economia non osservata si intendono tutte quelle attività economiche che per diverse ragioni non risultano direttamente rilevabili. Si va dalle attività illegali ai contratti informali. L’economia non osservata va tenuta in considerazione nel momento in cui viene calcolato il prodotto interno lordo (Pil) di uno stato. Non si fanno stime in termini di ricchezza ma di valore aggiunto, ovvero la differenza tra il valore finale e quello degli altri beni che sono stati utilizzati per produrlo.