A pochi giorni dalla chiusura dei termini per aderire al concordato preventivo biennale si parla già di una possibile proroga: l’obiettivo del governo è quello di raggiungere i 2 miliardi di euro utili a un nuovo taglio delle aliquote Irpef.
Se ciò dovesse avvenire verrebbero posti alcuni importanti paletti, come l’aver regolarmente presentato la dichiarazione dei redditi entro il 31 ottobre 2024 e l’impossibilità di recedere dal patto con il Fisco per coloro che hanno già aderito al concordato.
I termini per il concordato preventivo biennale sono scaduti lo scorso 31 ottobre: sono circa 500mila le partite Iva che hanno aderito, per un gettito complessivo pari a 1,3 miliardi di euro.
Questi i primi dati messi a disposizione dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che evidenzia come i 4,7 milioni di soggetti ISA e forfettarisiano stati solo in parte raggiunti.
Questo rappresenta un problema per le casse dello Stato e per la maggioranza di governo, che aveva posto l’obiettivo di 2 miliardi di euro per varare un nuovo taglio delle aliquote Irpef e, in particolare, per ridurre di due punti l’aliquota del 35% che si applica ai titolari di redditi superiori a 28mila euro e fino a 50mila euro.
Un obiettivo che allo stato attuale risulta difficile perseguire contando sui soli incassi del concordato.
«Per dare una sforbiciata di due punti percentuali all’Irpef dei contribuenti, con un calo dal 35% al 33%, servirebbero circa 2,5 miliardi, mentre con gli incassi derivanti dal concordato preventivo biennale, attualmente stimati in 1,3 miliardi, sarebbe possibile ridurre l’aliquota di un solo punto percentuale, dal 35% al 34% con un’operazione che costerebbe circa 1,2 miliardi».
A dichiararlo è la Fondazione nazionale dei commercialisti, che ha effettuato una simulazione sugli effetti di un taglio delle tasse con i proventi del nuovo strumento grazie al quale i cittadini avevano l’opportunità di trovare un’intesa col Fisco e pagare la somma pattuita.
Intanto l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato un provvedimento, firmato dal direttore
Intanto l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato un provvedimento, firmato dal direttore Ernesto Maria Ruffini, che riguarda le modalità di comunicazione della volontà di adesione, con riferimento ai periodi di imposta dal 2018 al 2022.
Nel provvedimento si specifica come i contribuenti che abbiano applicato gli ISA e che abbiano aderito, entro il 31 ottobre 2024, al concordato preventivo biennale, potranno versare entro il 31 marzo 2025, tramite modello F24, la prima o unica rata delle imposte sostitutive, utilizzando i codici tributo istituiti ed indicando altresì l’annualità per la quale è esercitata l’opzione.
Per il calcolo della base imponibile dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali e dell’imposta sostitutiva dell’Irap, si tiene conto dei dati indicati nelle relative dichiarazioni.
Si inseguono però le voci di una possibile riapertura dei termini del concordato preventivo biennale, una mossa che sarebbe vista con favore sia da ambienti della maggioranza che dai commercialisti, che lo hanno chiesto a gran voce sin dagli ultimi giorni di ottobre.
La riapertura del concordato preventivo biennale verrebbe accompagnata da alcuni paletti. Tra questi, il fatto di aver regolarmente presentato la dichiarazione dei redditi entro il termine ordinario del 31 ottobre. La nuova scadenza potrebbe essere fissata al prossimo 10 dicembre e non permetterebbe in ogni caso passi indietro a chi ha già formulato la propria adesione al concordato.
Ad oggi è il 2 dicembre (il 30 novembre cade di sabato) la data da segnare in rosso per il pagamento del secondo acconto, rimodulato sulla base del reddito concordato in caso di adesione già formulata.
Entra quindi in campo anche la possibilità di consentire di pagare le somme dovute nel periodo dal 3 al 10 dicembre, versando una sanzione commisurata alla tardività rispetto al termine canonico di pagamento del secondo acconto.
Si tratta, in ogni caso, di anticipazioni e ipotesi sulle quali si attendono fonti confermate. Dal punto di vista normativo il decreto-legge che dovrebbe approdare nel prossimo Consiglio dei ministri verrebbe poi trasformato in emendamento al decreto-legge n. 155/2024, il collegato fiscale alla Manovra attualmente in discussione in Commissione Bilancio del Senato.