«Nella transizione energetica “troppo spesso noi vediamo ripetere gli errori del passato, in una esplosione di ingordigia che schiaccia i poveri. Vediamo una corsa alle risorse, con comunità sfruttate, diritti calpestati e l’ambiente distrutto. I Paesi in via di sviluppo vengono degradati al fondo della catena del valore, mentre gli altri si arricchiscono sulle loro risorse». Lo ha detto il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, alla Cop29 di Baku, aprendo un panel dal titolo Dare risorse alla transizione energetica con giustizia ed equità.
Il primo ministro albanese Edi Rama ha dichiarato di essere costernato dalla mancata partecipazione dei leader di molte nazioni ai colloqui sul clima a causa delle condizioni meteorologiche estreme. «Quello che sta accadendo in Europa e nel mondo oggi non lascia molto spazio all’ottimismo, anche se l’ottimismo è l’unico modo per sopravvivere».
A Baku grande assente è Trump, non ci sarà neanche il presidente uscente Biden, e non ci saranno neppure tanti leader mondiali, da Xi a Modi a von der Leyen a Macron a Putin a Lula. Stamattina è invece intervenuta la Meloni.
«Grazie agli storici investimenti del settore privato resi possibili dell’Inflation Reduction Act, l’economia degli Stati Uniti nei prossimi anni continuerà sulla sua strada di decarbonizzazione e riduzione delle emissioni». Lo ha detto l’inviato speciale per il clima del presidente Biden, John Podesta, ricordando che “siamo sulla strada per raggiungere l’ambizioso impegno del presidente Biden di 11 miliardi di dollari all’anno di finanziamenti pubblici internazionali per la fine del 2024“.
Il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis ha detto che l’Europa e il mondo hanno bisogno di essere “più onesti” riguardo ai compromessi necessari per mantenere basse le temperature globali. «L’Europa e il mondo devono essere più onesti riguardo ai compromessi che comporta la transizione energetica. Sì, la transizione energetica, nel lungo periodo, ridurrà i costi ma non sarà indolore. Dobbiamo porci domande difficili su un percorso che procede molto velocemente a scapito della nostra competitività, e su un percorso che va un po’ più lentamente ma consente al nostro settore di adattarsi e prosperare. Sta a noi valutare attentamente questi compromessi, non spazzarli via».
Il ministro dell’ambiente irlandese Eamon Ryan ha dato un po’ di speranza, affermando che il trattato sul clima di Parigi del 2015 “vive ancora” e che i paesi che abbandonano si renderanno conto di essere rimasti indietro rispetto al passato, mentre altri paesi andranno avanti e avranno benefici per le loro economie.
Nonostante l’urgente necessità di ridurre le emissioni per rallentare il cambiamento climatico, non vi è ancora “nessun segno” che il mondo abbia raggiunto un picco nelle emissioni di CO2 dai combustibili fossili. È quanto emerge dal nuovo Global carbon budget del gruppo di scienziati Global Carbon Project. Entro la fine del 2024 le emissioni di anidride carbonica provenienti dai combustibili fossili aumenteranno dello 0,8% annuo a 37,4 miliardi di tonnellate. Quelle derivanti dall’uso del suolo e dalla deforestazione, secondo le stime, toccheranno invece i 4,2 miliardi di tonnellate, portando la quota totale della CO2 prodotta nel 2024 a 41,6 miliardi (da confrontare con i 40,6 miliardi dello scorso anno). Dal report emerge come gli impegni sul “transitioning away“, cioè il lento abbandono dei combustibili fossili, preso dai Paesi negoziatori alla Cop28 di Dubai, al momento, non sono stati rispettati. Nel 2024, in base alle previsioni, le emissioni da carbone aumenteranno infatti dello 0,2%, quelle di petrolio dello 0,9% e quelle di gas del 2,4%. A livello territoriale, si stima una crescita dello 0,2% per la Cina (32% del totale globale), per l’India (8% del totale), mentre la produzione di gas serra dovrebbe diminuire leggermente, dello 0,6%, negli Usa (13%) e del 3,8% nell’Unione Europea (7% del totale globale).