Il clima è teso in Fenice, l’impero di Chiara Ferragni rischia di sgretolarsi, ai soci è stato chiesto di ricapitalizzare nell’assemblea che si è tenuta lunedì 10 marzo. Le perdite di 10 milioni hanno azzerato il patrimonio, i ricavi 2024 sarebbero oltre sette volte meno quelli pre-pandoro gate (circa 2 milioni contro i 14 del 2022), uno dei soci è pronto a votare contro il bilancio ed eventualmente impugnarne in tribunale l’approvazione.
All’ordine del giorno anche un aumento di capitale per ridare benzina alla macchina aziendale e sostenere, secondo fonti vicine ai soci, i prossimi 12 mesi di gestione che saranno decisivi per un eventuale rilancio.
Chiara Ferragni e il suo impero, storia di un successo che pareva inarrestabile, e che, invece, ha invertito bruscamente rotta. In maniera imprevista, ma forse non imprevedibile.

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La svolta per l’imprenditrice-influencer diventata una celebrità mondiale nell’ambito del fashion a inizio del decennio scorso grazie al blog The blonde salad – uno dei primi e più seguiti del settore – è arrivata nel dicembre 2023 con il cosiddetto “pandoro-gate”
La ricapitalizzazione
Per Chiara Ferragni (32,5% del capitale) e i suoi soci Paolo Barletta (40%) e Pasquale Morgese (27,5%) è il momento della verità sui conti e sul futuro di Fenice, la società chiave, titolare dei marchi, fulcro del piccolo impero travolto dal pandoro-gate.
Cosa dicono i numeri e come si muoveranno gli azionisti? Secondo quanto trapela, l’amministratore unico di Fenice, Claudio Calabi, insediatosi a novembre con l’accordo dei tre soci dopo le dimissioni di Ferragni e Barletta, presenterà insieme al bilancio 2023 anche una situazione patrimoniale aggiornata al 30 novembre 2024, necessaria per procedere con l’aumento di capitale, cioè la richiesta agli azionisti di aprire il portafoglio e ripianare le perdite.
Secondo quanto emerge anche nel caso qualche socio dovesse rinunciare potrebbe comunque essere garantita la copertura finanziaria.
Il crollo dei ricavi
Il bilancio 2023 si è chiuso con ricavi ancora sostanziosi intorno agli 11-12 milioni rispetto al picco dei 14,3 milioni del 2022. Però il 2023 sconta relativamente il contraccolpo del caso Balocco, divampato a dicembre di quell’anno.
L’impatto violento è sul 2024 che, secondo quanto emergerebbe dai conti parziali al 30 novembre, vede un crollo verticale dei ricavi. Il brand Chiara Ferragni avrebbe prodotto poco meno di 2 milioni di fatturato con perdite cumulate (2023+2024) a circa 10 milioni.
Una situazione assai critica rappresentata nel bilancio di pulizia voluto da Calabi. I costi della Fenice sono stati tagliati in modo drastico (nel 2025 saranno pari a un milione), il numero dei dipendenti si è ridotto a otto (erano il doppio) e la società ha lasciato i suoi uffici per trasferirsi nella sede della holding Sisterhood, la holding della influencer.
In sostanza, il marchio Chiara Ferragni veniva applicato su una linea di dolci natalizi della Balocco (venduti al prezzo maggiorato di 9 euro) lasciando intendere al pubblico che la beneficenza sarebbe aumentata in parallelo alle vendite.

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Secondo le accuse, invece, l’assegno per l’ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino ammontava a soli cinquantamila euro,e sarebbe stato staccato mesi prima dell’iniziativa. Il guadagno per l’imprenditrice, derivato dall’operazione, sarebbe stato di circa un milione di euro. Ferragni ha ammesso l’errore in un video girato in lacrime. Ma il danno di immagine, per chi di immagine vive, era fatto.
Il pericoloso mix di beneficenza e autopromozione
Va notato che il mix di beneficenza e autopromozione è stato, per anni, una costante della coppia Ferragni-Fedez, e non ha mai rappresentato un problema, né per i consumatori né per i media.
Come nel caso dell’ospedale per i malati di Covid durante la pandemia, per cui il duo avviò una raccolta di fondi: furono quattro i milioni di euro destinati al San Raffaele alla fine, ma la donazione dei Ferragnez fu molto più bassa: solo centomila euro.
La coppia, però, incassò svariate copertine e persino l’Ambrogino d’oro, onorificenza milanese riservata a personaggi benemeriti. Ancora oggi, se si chiede a qualcuno l’importo della donazione al nosocomio meneghino, pochi dimostrano di conoscere la cifra esatta: merito del sottile gioco comunicativo di cui la coppia è stata maestra per anni.
La stampa, dal canto suo – e ancora una volta – non ha reso un buon servizio ai lettori. Lo stesso articolo di Lucarelli lasciò di stucco l’imprenditrice lombarda, abituata a camminare sul velluto coi giornali.
Non è chiaro perché il pubblico abbia deciso di abbandonare la coppia proprio in quell’occasione e non in altre, quando pure sarebbe stato possibile: quello che è certo è che fu l’inizio della discesa.
Rapidissima, come sono le cose sui social. L’ultimo capitolo risale a questi giorni, e parla di perdite, bilanci contestati, della necessità di una ricapitalizzazione dell’azienda e della crisi con uno dei soci storici, Pasquale Morgese.
La società e le perdite
Al vertice dell’impero di Chiara Ferragni c’è una società, Fenice, che ne gestisce il marchio. La compagine fa capo a tre persone: l’imprenditrice stessa (32,5% del capitale, tramite la sua Sisterhood) e i suoi soci Paolo Barletta (40%, tramite Alchimia Spa) e Pasquale Morgese (27,5% tramite i due veicoli Esuriens e N1).
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Fatturato in picchiata negli ultimi anni: dai 14 milioni di euro del 2022 (prima del pandoro-gate) a soli 2 milioni nel 2024.
Le perdite del 2023 e dei primi undici mesi del 2024 cumulate assommano 10,2 milioni di euro e hanno azzerato il patrimonio: tra capitale e riserve, riporta il Corriere della Sera, informatissimo sulla vicenda, la società disponeva alla fine del 2024 di 3,5 milioni di euro. Il passivo ammonta, quindi, a 6,2 milioni.
Nel novembre 2024 la crisi è ormai conclamata. Ormai lontani i tempi in cui si potevano vendere bottigliette d’acqua a otto euro, per affrontarla si decide di cambiare la governance societaria di Fenice: dopo le dimissioni della coppia Ferragni-Barletta (al timone fino a quel momento) viene nominato amministratore delegato, coi voti di tutti i soci, il manager Claudio Calabi, una lunga esperienza di ristrutturazioni. Il nome pare fosse stato suggerito dai legali dell’imprenditrice cremonese. Il bilancio 2023, in forte ritardo, non era ancora stato presentato.
All’inizio di marzo 2025 scoppia il caso: secondo indiscrezioni riportate dal Corriere della Sera uno dei soci, Pasquale Morgese, sarebbe stato pronto a non votare il bilancio 2023, come effettivamente poi verificatasi nel consiglio di amministrazione di lunedì 10 marzo scorso.
Alla seduta nello studio di un notaio milanese i soci hanno partecipato tramite i propri legali: nel corso della riunione l’avvocato di Morgese, Filippo Garbagnati, ha rivolto domande insistenti a Calabi su alcuni punti contestati del bilancio.

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Morgese è un imprenditore nel settore calzaturiero, proprietario della società MoFra assieme al fratello. Vicino a Ferragni sin dagli inizi, le contestazioni che muove pare siano innanzitutto contabili; alcune cifre non tornerebbero.
Non è chiaro, riferiscono le fonti del Corriere della Sera, quale sia il piano industriale messo in piedi dopo il caso Balocco. A restare, al momento, sarebbero solo in due: la MoFra dello stesso Morgese e un noto marchio di gioielli.
L’aumento di capitale: cosa succede ora?
Nella riunione del consiglio di amministrazione del 10 marzo è stato votato a maggioranza un aumento di capitale da 6,4 milioni di euro, che l’imprenditrice si è dichiarata disposta a versare interamente.
Soldi che nella quasi totalità andranno a ripianare il bilancio: resteranno 200mila euro per far ripartire le attività. Intanto si è proceduto a tagliare i costi: a partire da quelli legati al personale, passato da sedici a otto unità, e dislocato nella sede della holding di Chiara Ferragni, Sisterhood.
Il rilancio appare un’impresa drammatica. Ma la società si chiama Fenice. Se rinascerà, sarà solo il tempo a dirlo.