Occhi puntati ancora sul presidente USA Donald Trump e sul suo viaggio in Arabia Saudita. Nel primo giorno della sua visita nella regione, il presidente americano ha concluso una serie di accordi strategici pari a 600 miliardi di dollari con l’Arabia Saudita su energia e difesa coinvolgendo anche diverse grandi società americane. La visita del tycoon, infatti, sembra essere impostata maggiormente sul lato economico e meno su quello diplomatico Infatti la crisi dei rapporti tra i paesi arabi e Israele, la guerra a Gaza e i rapporti con l’Iran sono rimasti in secondo piano. Nessuna tappa prevista in Israele il che permetterà di evitare confronti potenzialmente scomodi con il premier Benjamin Netanyahu.
Sulla normalizzazione delle relazioni con Israele, il presidente Usa si è limitato a dichiarare che «l’Arabia Saudita entrerà negli Accordi di Abramo quando sarà pronta», ed è poi passato a elogiare «la trasformazione in atto nel Golfo» e «Riad ormai diventata una capitale globale del business e della tecnologia». Intanto viene confermato il ritiro delle sanzioni alla Siria considerato dagli Stati Uniti come sponsor del terrorismo fin dal 1979.
Guardando a cosa accade sui mercati in apertura, si nota il superamento dell’incertezza con aperture ottimiste anche grazie agli accordi di Trump. Sembrano bastare le notizie di una serie di allentamenti delle tensioni commerciali tra USA e Cina ma gli operatori restano dubbiosi non solo per i vari step di un percorso, quello tra Washington e Pechino, sempre più costellato di imprevisti ma anche per lo stato di salute di alcune grandi aziende. Dopo la serie di licenziamenti annunciati ieri da Microsoft (si parla di tagli per 7mila posti), Burberry, sebbene abbia registrato un calo delle vendite meno grave del previsto, conferma le difficoltà e annuncia nuove misure di rilancio mentre Sony dichiara nuove strategie di buyback per 1,7 miliardi.
Sul fronte dell’economia del Vecchio Continente, i numeri resi noti in mattinata dall’Ufficio federale di statistica tedesco vedono un tasso di inflazione armonizzato annuo in Germania ha toccato il 2,2% ad aprile. Negli Stati Uniti, intanto, l’inflazione è aumentata meno del previsto. Nello specifico, stando a quanto reso noto dal Bureau of Labor Statistics, l’indice dei prezzi al consumo statunitense destagionalizzato è aumentato dello 0,2% ad aprile, portando il tasso di inflazione a 12 mesi al 2,3%, il più basso da febbraio 2021 ed inferiore anche alle aspettative che temevano un 2,4%. Anche l’indice dei prezzi al consumo di base è aumentato sul mese dello 0,2% mentre il livello su base annua è stato del 2,8%. Le previsioni erano rispettivamente dello 0,3% e del 2,8%.