Nike cade, ma non affonda. Anzi, reagisce. I risultati del quarto trimestre dell’anno fiscale 2025 – chiuso il 31 maggio – parlano chiaro: le vendite sono scese del 12% su base annua, toccando gli 11,1 miliardi di dollari, il peggior dato trimestrale dal 2022. Ma il mercato si aspettava di peggio. E questa distanza tra attese e realtà è bastata a innescare un rally.
Borse in festa: effetto domino sul settore
A Wall Street, il titolo Nike è schizzato oltre il +11% nell’after-hours di giovedì. A Francoforte, venerdì mattina, ha guadagnato oltre il 9%. Un rimbalzo netto, che ha contagiato tutto il comparto: Adidas ha chiuso a +3%, Puma a +4,5%, mentre JD Sports è salita dell’8% a Londra.
Un entusiasmo che può sembrare paradossale, ma che in Borsa segue una logica ben precisa: se i conti peggiorano meno del previsto e la strategia convince, il premio degli investitori arriva subito.
“Win Now”: la strategia di rilancio
Del resto, la trimestrale non è tutta da archiviare in negativo. I profitti netti sono crollati da 1,5 miliardi a 211 milioni di dollari, è vero, ma Nike ha mostrato segnali di tenuta e rilancio proprio dove serviva: nel posizionamento strategico.
Dal quartier generale dell’Oregon, il nuovo amministratore delegato Elliott Hill – insediato da settembre – ha spinto sull’acceleratore di un piano chiamato “Win Now”, che suona come una dichiarazione d’intenti.
La casa dello Swoosh ha scelto di puntare con forza sul cuore sportivo del brand, investendo di più nel segmento running – tra i pochi in crescita a doppia cifra – e lanciando una poderosa offensiva sul fronte marketing (+15% la spesa nell’ultimo trimestre).
Meno Cina, più flessibilità produttiva
C’è poi la questione della produzione. Nike sta progressivamente riducendo la propria esposizione manifatturiera in Cina, oggi pari al 16% delle importazioni totali USA, con l’obiettivo dichiarato di riportarla in area “single digit” già entro la fine dell’anno fiscale 2026.
Una mossa non solo simbolica, ma strategica, nel contesto delle tensioni commerciali con Pechino e della crescente attenzione alle catene di fornitura più resilienti.
Prospettive e incognite
Le previsioni per il primo trimestre del nuovo esercizio sembrano confermare l’impostazione: i vertici stimano un calo delle vendite più contenuto – nell’ordine del 4–5% – rispetto al crollo a doppia cifra appena registrato. Anche i margini, pur sotto pressione, potrebbero iniziare a stabilizzarsi.
Ma non mancano le incognite. Le vendite in Cina sono in netto affanno (–21% nell’ultimo trimestre), e il peso delle tariffe USA – se non alleggerito da nuovi accordi – rischia di penalizzare la competitività del gruppo. A ciò si sommano i costi interni della ristrutturazione e l’inevitabile sfida nel rilanciare alcune linee di prodotto oggi in difficoltà.
Il mercato premia il coraggio
Eppure, l’impressione è che Nike stia affrontando la crisi di maturità del proprio ciclo con strumenti nuovi. Il mercato, per ora, le concede fiducia. E premia un piano industriale che, tra segnali di riposizionamento e uno storytelling ben costruito, sembra voler trasformare la caduta in slancio.
(foto ANSA)