Intanto il Codacons presenta ricorso al Tar
Intesa Sanpaolo è pronta a dare l’ok al maxi finanziamento da 6,3 miliardi a Fiat-Chrysler. Sul via libera dell’istituto di credito all’erogazione alla filiale italiana dell’asse Torino-Detroit non dovrebbero esserci problemi anche perché le due parti si sono parlate a lungo e sembra ci sia accordo anche sui dettagli. La vicenda, secondo quanto riporta Bloomberg, sarà discussa nel corso di un consiglio d’amministrazione di Intesa previsto per oggi. Ma dopo l’iter per finalizzare l’operazione è ancora lungo perché prevede due ulteriori passaggi che coinvolgono Sace e il Governo.
“Questo tipo di misure che riguardano grandi imprese a livello europeo con una forte presenza in Italia, ricordiamo che FCA impiega nei suoi stabilimenti italiani oltre 55.000 persone in modo diretto e altrettante con l’indotto, non possono essere trattate dalla politica come una elargizione ‘pro bono’ – ha spiegato il presidente della CIDA (Confederazione Italiana Dirigenti d’Azienda), Mario Mantovani. – Aiutare le imprese deve essere il compito primario se vogliamo una ripresa economica degna di questo nome. Non si tratta di fare un favore’ ai proprietari ma di salvaguardare il nostro sistema produttivo“. Secondo il numero uno della Confederazione il prestito è doveroso: “Nel caso specifico è vero che Fca ha la sede legale fuori dal territorio nazionale, ma le tasse le paga in Italia come gli stipendi ai suoi dipendenti – ha continuato. – Altre grandi aziende di Paesi europei, l’ultimo caso riguarda la Renault, si trovano in grosse difficoltà finanziarie: forse sarebbe il caso di pensare ad un disegno generale che garantisca a questo tipo d’imprese una garanzia finanziaria di livello europeo, ad esempio attraverso la BCE, e non pesare solo sui singoli Stati. La crisi che stiamo attraversando è di livello continentale ed anche le risposte devono essere continentali. Lo slogan che ha imperversato in questi ultimi mesi, e cioè ‘ci si salva tutti insieme’, è ancora più vero se parliamo di economia e sviluppo“.
In modo del tutto diversa la pensa il Codacons che ha presentato ricorso al Tar del Lazio proprio contro il prestito da 6,3 miliardi. Secondo l’associazione è illegittimo concedere finanziamenti a società che hanno sede all’estero. “Occorre da subito rilevare come la Fca Italy S.p.A., nonostante abbia sede in Italia, sia controllata dalla società madre olandese con sede legale a Londra, che detiene il 100 % del pacchetto azionario – spiega il Codacons nel ricorso. – L’intera operazione di cui alla richiesta di finanziamento con garanzia Sace prevista dall’art. 1 del Decreto Liquidità assume quindi contorni di illegittimità, e appaiono destituite di fondamento le dichiarazioni che avrebbe rilasciato proprio Fca Italy S.p.a. a giustificazione della richiesta, secondo cui i finanziamenti sarebbero destinati alle attività italiane del Gruppo FCA e al sostegno della filiera dell’automotive in Italia“.
Nel ricorso il Codacons cita le notizie pubblicate dalla stampa, secondo le quali Fca avesse previsto prima dell’emergenza sanitaria di provvedere alla distribuzione di un maxi dividendo da 5.5 miliardi ai soci, prima della fusione con Peugeot prevista per il 2020. “Sembrerebbe altresì – sottolinea l’Associazione – che Fca, in seguito all’emergenza Coronavirus, si trovi ora in difficoltà rispetto al maxidividendo, affidandosi, dunque, al tesoretto italiano: proprio quei 6,3 miliardi di finanziamento che, come si legge sulla stampa specializzata, servono per tenere in piedi Exor confermando l’extra dividendo milionario che è alla base dell’operazione con i francesi“.
Secondo il Codacons non è possibile verificare che il finanziamento eventualmente erogato vada a sostenere (solo) costi relativi ad attività localizzate in Italia. “Infatti – si legge ancora – i profitti della società italiana realizzati grazie alle disponibilità acquisite con il finanziamento garantito dallo Stato potrebbero agevolmente finire all’estero per mezzo delle operazioni infragruppo realizzate con la società madre e, da lì, essere utilizzati con modalità che, tuttavia, non potranno che sfuggire al controllo dello Stato Italiano. Non solo: FCA Italy paga allo Stato italiano le tasse sulle attività produttive svolte in Italia, ma, per esempio, il Gruppo FCA paga nel Regno Unito le tasse sui dividendi che distribuisce ai suoi azionisti (tra cui, il principale, il Gruppo Exor della famiglia Agnelli) e che dipendono dagli utili generati dalle sue controllate“.
Nel ricorso viene attaccato il decreto del Governo anche sul fronte costituzionale poiché la garanzia per il prestito concesso anche in favore di società con sede all’estero, violerebbe, secondo l’Associazione, gli articoli 53, 81, 1, 2, 3, 10, 11, 35, 38 comma 2, 41, 47, e 97 Cost., “in ragione anche delle conseguenze che ne deriverebbero in termini di disparità di trattamento, regime fiscale dei dividendi e di danno che verrebbe prodotto al PIL italiano e dunque ai cittadini i quali, nella peggiore delle ipotesi, potrebbero trovarsi a subire un aumento dell’imposizione fiscale azionata dallo Stato per rientrare dei costi sostenuti non compensati dalla società controllante estera“.
Insomma la vicenda è parecchio ingarbugliata. Resta da capire come risponderà a questo punto il Tar e come si evolverà la vicenda.
di: Maria Lucia PANUCCI
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