
A rischio 4500 lavoratori
EasyJet si dice pronta a tagliare migliaia di posti di lavoro, in particolare il 30% del suo personale a causa del blocco dei voli e del calo della domanda a lungo termine per l’emergenza Covid-19. A rischio sono 4500 persone dal momento che, come ricorda Bloomberg, la compagnia aerea inglese ha circa 15 mila addetti. La società, il secondo maggior operatore europeo low cost, comincerà le consultazioni coi lavoratori sui tagli nei prossimi giorni.
L’amministratore delegato Johan Lundgren ha spiegato che le incognite per la ripartenza sono molte, oltre alle difficoltà relative all’obbligo a bordo del distanziamento di un metro tra i viaggiatori. “La ripresa sarà graduale – ha tenuto a sottolineare Lundgren.- Prima sarà la volta dei voli domestici, poi di quelli continentali. Aumentano le prenotazioni, ma soprattutto le ricerche via web, in particolare sull’Italia, per le vacanze estive. Ci aspettiamo che l’obbligo di distanziamento finisca il 15 giugno perché è quello che sostengono le evidenze mediche e le raccomandazioni di Easa e Icao. E’ impossibile per le compagnie operare potendo vendere soltanto un terzo dei sedili”.
EasyJet ritiene che i livelli di domanda di mercato registrati nel 2019 non saranno probabilmente raggiunti nuovamente fino al 2023. Per quanto riguarda il quarto trimestre di quest’anno, i piani attuali prevedono che i voli saranno ridotti di circa il 30% rispetto a quelli dello stesso periodo del 2019. La compagnia prevede poi che le dimensioni della propria flotta a fine 2021 saranno al minimo del range previsto, circa 302 aerei, ovvero 51 in meno rispetto a quanto previsto prima del Covid-19. “In questo contesto, stiamo pianificando di ridurre le dimensioni della nostra flotta e di ottimizzare il network e le nostre basi – ha continuato. – Di conseguenza prevediamo una riduzione del personale fino al 30% in tutta l’azienda e continueremo a eliminare a tutti i livelli i costi e le spese non essenziali. Nei prossimi giorni avvieremo le consultazioni coi rappresentanti sindacali. Ci rendiamo conto che questi sono tempi molto difficili e che dobbiamo prendere in considerazione decisioni altrettanto difficili che avranno un impatto sul nostro personale, ma vogliamo proteggere quanti più posti di lavoro possibile sul lungo termine“.
L’ad non si è limitato a questo. Ha spiegato che le misure di sicurezze non potranno andare avanti per molto. “Se l’Italia dovesse prorogare il metro di distanza allora non voleremo da voi – dice l’ad. – Ma sarebbe dannoso per la ripresa: il Paese rischia di restare indietro”. E quanto ai tre miliardi ad Alitalia non discute la nazionalizzazione ma il supporto deve essere disponibile per tutti, altrimenti si genera una distorsione. “Gli aiuti stanziati in Europa rischiano di andare a vettori inefficienti. L’Italia è uno dei mercati principali per EasyJet: da voi abbiamo dipendenti, trasportiamo quasi gli stessi passeggeri di Alitalia, diamo il nostro contributo al Paese. Ritengo inaccettabile che si aiuti solo un’aviolinea. Perché lo Stato deve dare contributi sulla base della nazionalità? Abbiamo aerei basati e paghiamo le tasse da voi. Anche noi siamo italiani”, ha continuato.
Gli aiuti statali comunque non sono sufficienti. “Chiediamo più trasparenza nei meccanismi di accesso a quei sussidi – ha concluso. E chiediamo anche altri interventi per aiutare tutto il nostro settore, come la riduzione della tassazione aeroportuale e di creare un fondo per gli scali da usare per incentivare le compagnie a volare in Italia. I blocchi tra i Paesi hanno reso impossibile gli spostamenti. Ora, passata l’emergenza, il Governo deve supportare il trasporto aereo, senza distinzioni”.
di: Maria Lucia PANUCCI
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