
Ma ancora non si sono fatti neanche un giorno di carcere
Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz fruiranno della semilibertà. I due manager di Thyssenkrupp ritenuti corresponsabili dell’incendio che causò il 6 dicembre 2007 la morte di 7 operai a Torino, e condannati a cinque anni di carcere per omicidio e incendio colposo, saranno chiusi in cella solo di notte, mentre il giorno saranno liberi di uscire per andare a lavorare. La decisione è stata presa dalla Procura tedesca di Essen ed è stata trasmessa solo due giorni fa alla procura generale di Torino.
La notizia si è diffusa in Italia grazie a Radio Colonia, un’emittente in lingua italiana che ha intervistato la procuratrice di Essen, Anette Milk. “È previsto che i due condannati scontino la pena con il cosiddetto ‘offener Vollzug’ – ha dichiarato il magistrato. – Il che significa che saranno detenuti in un penitenziario, ma potranno lasciarlo ogni giorno per andare a lavorare e dovranno tornare la sera“. All’epoca l’accusa puntò il dito sulle gravi lacune della sicurezza dello stabilimento della famosa azienda che produce acciaio, che era in via di dismissione per il trasferimento degli impianti a Terni.
Quella presa dalla Procura tedesca è una decisione che ha fatto e continua a far discutere, alimentata anche dal fatto che per il momento l’esecuzione della pena per i due imputati è solo sulla carta e dovrebbe partire tra un mese. Sono anni che i familiari delle vittime attendono l’esecuzione del mandato d’arresto per la decisione definitiva. La sentenza della Cassazione italiana era stata tradotta già anni fa in una pena minore, perché per la fattispecie in questione la legge tedesca prevede un massimo di cinque anni. Ma finora nessun arresto.
Paradossalmente i due potrebbero in teoria continuare persino a lavorare nell’azienda: secondo quanto scoperto da Repubblica Espenhahn e Priegnitz sono ancora regolarmente impiegati a Duisburg, in Germania, al quartier generale del colosso dell’acciaio. Neanche a dirlo proprio i parenti delle vittime sono i più furiosi. “Ci incateneremo a Roma. Andremo a Essen. Qualcosa faremo. Devono dirci come è possibile questa cosa“, ha commentato mamma Rosina Platì. – Adesso basta. Ci devono spiegare cosa è successo. Hanno giocato troppo con noi e non ci fidiamo più di nessuno“.
Qualcosa che ha del surreale: neanche si sono fatti un giorno di cella e già godono della semilibertà…
di: Maria Lucia PANUCCI
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