La holding propone due soluzioni per l’uscita da Aspi
Procede con difficoltà la trattativa tra Atlantia e Governo su Autostrade per l’Italia. Nel mirino c’è l’uscita dal capitale societario della holding dei Benetton che al momento detengono l’88% della società, per favorire l’ingresso di Cdp, così come concordato con il Governo (leggi qui) ma la questione è tutt’altro che facile.
Nella nota sui conti semestrali infatti Atlantia scrive a chiare lettere che “permangono talune significative incertezze principalmente riconducibili ai contenuti, alle modalità e ai tempi di attuazione per addivenire alla conclusione degli accordi” con il Governo. La stessa ministra dei Trasporti Paola De Micheli aveva annunciato “aspetti tecnici complessi e difficoltà giuridiche“. Difficoltà che, in più di un’occasione, erano state rilevate dagli stessi azionisti di Atlantia, in particolare dal fondo inglese TCI, in merito al valore effettivo di Aspi. Non un dettaglio di poco conto, visto che lo smobilizzo delle quote degli azionisti di Atlantia in Autostrade, al fine di consentire l’ingresso di Cdp, rischierebbe una svalutazione in caso di un valore di Autostrade reputato non giusto. In una intervista al Messaggero il fondatore e managing director del fondo TCI aveva sottolineato che le azioni intraprese dal Governo italiano erano incostituzionali e contrarie alle norme UE, minacciando la presentazione di una protesta formale alla Commissione Europea UE sulla vicenda. Secondo TCI, Aspi avrebbe un valore di mercato di 11-12 miliardi mentre Cdp e il Governo la valuterebbero appena 8 miliardi. Christopher Hohn, uno dei più noti e influenti gestori anglosassoni che attraverso il fondo inglese TCI gestisce circa 35 miliardi di dollari di investimenti, aveva minacciato anche di non investire più in Italia, a meno che il Governo non avesse mostrato trasparenza nella fissazione del prezzo delle quote di Autostrade nelle mani degli azionisti di Atlantia (tra cui, per l’appunto, i fondi esteri).
La disponibilità a procedere da parte della società c’è, ma il Consiglio di Amministrazione ha indicato due ipotesi possibili per la separazione da Aspi. La prima consiste nella vendita della quota dell’88% tramite competizione internazionale gestita da advisor indipendenti. A questo processo può partecipare Cdp insieme ad altri investitori istituzionali di suo gradimento. La seconda riguarda la possibilità di una scissione parziale e proporzionale di una quota fino all’88% di Autostrade per l’Italia, attraverso creazione di un veicolo beneficiario da quotare in borsa, dando vita quindi a una public company contendibile.
Adesso l’appuntamento è per il prossimo 3 settembre quando il cda di Atlantia si riunirà nuovamente per discutere del futuro della holding.
Tutto questo avviene mentre sono stati ufficialmente resi pubblici i risultati messi a segno nella prima metà dell’anno corrente, arco di tempo in cui le azioni di Atlantia hanno perso quasi 30 punti percentuali in Borsa.
Nella semestrale la holding ha racimolato 3,71 miliardi di ricavi operativi. Un dato inferiore rispetto ai 5,6 miliardi del pari periodo dello scorso esercizio che ha confermato così una flessione di 34 punti percentuali. I ricavi operativi su base omogenea si sono contratti di 30 punti a causa del Coronavirus. Il margine operativo lordo è invece crollato da 3,55 a 1,3 miliardi di euro per un tonfo complessivo del 63%, mentre il risultato netto ha alzato il velo su un rosso di 772 milioni, da confrontare con l’utile di 594 milioni della prima semestrale 2019. La società ha segnalato anche un aumento del debito societario, dai 36,72 miliardi di inizio anno a quota 39,17 miliardi di euro.
di: Maria Lucia PANUCCI
LEGGI ANCHE: Cassa depositi e prestiti: ecco cos’è e come funziona
Ti potrebbe interessare anche: