
Con 3,6 milioni di posti a rischio si infoltiscono le fila dell’economia sommersa
Secondo l’Istat entro la fine di quest’anno quasi quattro milioni di persone rischiano di perdere il posto di lavoro. Questa stima provoca l’allarme dell’ufficio studi della Cgia perché la perdita dell’impiego potrebbe spingere i lavoratori ad optare per un lavoro in nero.
Secondo gli ultimi dati disponibili in Italia ci sono oltre 3,3 milioni di occupati in nero, il 38% nel meridione. Un vero esercito che produce 78,7 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso. Con effetti economici gravissimi non solo per le casse dell’erario e dell’Inps ma anche per le attività produttive, le imprese artigianali e quelle commerciali che subiscono la concorrenza di queste realtà. Le quali, risparmiando sul costo del lavoro, possono permettersi di praticare un prezzo finale del prodotto molto contenuto. «Chi opera completamente o parzialmente in nero fa concorrenza sleale, altera i più elementari principi di democrazia economica nei confronti di chi lavora alla luce del sole ed è costretto a pagare le imposte e i contributi fino all’ultimo centesimo – spiega il segretario della Cgia Renato Mason – anche per questo è necessario che l’esercizio abusivo delle professioni artigianali vada contrastato e perseguito».
Le Regioni più interessate dal fenomeno sono Calabria, Campania e Sicilia. Il tasso di irregolarità è rispettivamente del 21,6%, 19,8% e 19,4%. Seguono Puglia e Lazio. «Con troppe tasse, un sistema burocratico e normativo eccessivamente oppressivo e tanta disoccupazione – prosegue Mason – l’economia irregolare ha trovato un habitat ideale per diffondersi, soprattutto in alcune aree del Paese».
La zona meno toccata dal fenomeno è quella del nord-est: Emilia Romagna, Veneto e la provincia autonoma di Bolzano sono le realtà in cui le percentuali di lavoro in nero si fanno più ridotte.
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA
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