
Il giro d’affari più importante deriva dal contrabbando di petrolio
I recenti fatti avvenuti in pochi giorni a Parigi e Vienna, con atti di terrorismo che hanno visto protagonisti radicalizzati di fede islamica, riportano all’attenzione dei mass media, avvitati sulle statistiche del covid, questo terribile fenomeno.
La gente torna a ricordarsi che, purtroppo, non esiste solo la pandemia a creare grossi problemi al sistema politico eurocentrico degli Stati europei, e che il sistema immunitario delle politiche estere, da Roma a Berlino, passando da Bruxelles, è drammaticamente depresso.
Il “califfato”, che sembrava erroneamente caduto, solo perché si era smesso di versare inchiostro in merito, si rivela in realtà quanto mai attivo e dimostra oggi la sua capacità di approfittare della distrazione dell’occidente, impegnato a combattere un nemico altrettanto invisibile, che toglie il velo all’entropia dei sistemi sanitari nazionali.
La recrudescenza del terrorismo islamico, incarnato dall’ISIS, ci porta a chiederci come possa sopravvivere così a lungo una realtà criminale situata in un simile territorio aspro, e la risposta sono i soldi. Ma come si finanzia l’ISIS?
Se pensate che il patrimonio dell’organizzazione è stimato in circa 1 miliardo e 500 milioni di dollari, vi renderete conto che la rappresentazione un po’ naïf dei bruti mascherati di nero coi bandieroni che imbracciano kalashnikov è a dir poco riduttiva. Il termine che ho usato, “organizzazione”, non è casuale. Infatti si tratta di una struttura altamente modellata, con affari diversificati.
Non crediate che il loro business si limiti ai classici estorsione, sequestri di persona, traffico di droga, saccheggi. Anche ciò, ovviamente, ma è più fumo negli occhi. La struttura finanziaria è molto complessa, con veri e propri quadri e dirigenti, e il giro d’affari più importante deriva dal contrabbando di petrolio (e gas naturali): ingenti quantità di greggio venduto sottobanco anche ai leader dei paesi che si siedono tranquillamente ai tavoli dei big.
Poi ci sono lo smercio di reperti archeologici (6-8 miliardi di euro all’anno), il trading di materie prime realizzato attraverso gli “halawadar”, il network di agenti del califfato, e infine “appena” 50 milioni all’anno deriverebbero dalle donazioni private. Il 25% degli introiti resta dunque stabilmente l’oro nero, e forse, non a caso l’attacco a Vienna, sede dell’OPEC.
Con tutti questi quattrini, cosa gliene frega di colpire all’arma bianca, in maniera estemporanea, le altre capitali europee? Probabilmente per mantenere il favore dell’opinione pubblica nel loro territorio, che ha raggiunto nei periodi di punta i 70mila km² con 8 milioni di abitanti, dai quali vengono fatti costanti prelievi di tasse.
Come si suol dire, per capire l’origine di molte cose, “follow the money”.
di: Matteo VALLÉRO
Direttore editoriale Business24
articolo uscito nella rubrica IL CAPITALE sul quotidiano La Verità di ieri 5 Novembre 2020