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Lavoro

Uber, arriva la batosta in Uk. Gli autisti sono dipendenti non freelance

Maria Lucia Panucci
19 Febbraio 2021
Uber, arriva la batosta in Uk. Gli autisti sono dipendenti non freelance
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La sentenza della Corte suprema costringerà ora la società a garantire contratti e tutele rafforzate, come invocato da tempo da sindacati e autorità locali Gli autisti di Uber impiegati nel Regno […]

epa08024130 (FILE) - An image showing an Uber app on a mobile phone in central London, Britain, 22 September 2017 (re-issued 25 November 2019). Media reports on 25 November 2019 state the Transport for London (TfL) has said it would not continue to grant Uber a licence to operate in London. Uber, that first lost its licence due to safety concerns in 2017 but received a 15-month license for operating in London, said it would appeal the decision. Uber, that has some 45,000 drivers working in London, will continue to operate during the appeal process.  EPA/WILL OLIVER *** Local Caption *** 54443222

La sentenza della Corte suprema costringerà ora la società a garantire contratti e tutele rafforzate, come invocato da tempo da sindacati e autorità locali

Gli autisti di Uber impiegati nel Regno Unito vanno considerati dipendenti, non collaboratori free lance. Lo ha stabilito oggi la Corte Suprema britannica confermando il verdetto di un precedente grado di giudizio che aveva dato torto al colosso Usa dei taxi online e ragione ai lavoratori ricorrenti. La sentenza costringerà ora Uber a garantire contratti e tutele rafforzate agli autisti, come invocato da tempo da sindacati e autorità locali.

La decisione, emessa da un collegio di 7 giudici della massima istanza di giudizio d’Oltremanica, rappresenta una sconfitta pesante per la filosofia organizzativa di Uber, che nel Regno e in particolare a Londra, ha il suo maggior mercato europeo sia sul fronte del trasporto dei passeggeri sia su quello del delivery. «I nostri assistiti hanno lottato per molti anni anni per i diritti dei lavoratori, siamo felici che finalmente stiamo arrivando in fondo», ha commentato Nigel Mackay, avvocato dello studio Leigh Day che ha rappresentato vari ricorrenti. Il legale ha poi ricordato come già il tribunale del lavoro, la sua sezione d’appello e la Corte d’Appello britannica avessero sancito i diritti dei lavoratori di Uber. «Ora la Corte Suprema è giunta alle stesse conclusioni», ha proseguito, evocando a questo punto la possibilità di richieste di indennizzi per migliaia di sterline da ciascun autista come compensazione delle mancate tutele del passato.

Soddisfatto anche James Farrar, segretario generale del sindacato App Drivers and Couriers, che, secondo quanto riporta il The Guardian, ha dichiarato: «Questa sentenza riordinerà fondamentalmente la gig economy e porrà fine allo sfruttamento diffuso dei lavoratori per mezzo di inganni algoritmici e contrattuali. I conducenti di Uber vengono crudelmente venduti un falso sogno di infinita flessibilità e libertà imprenditoriale. La realtà è stata una retribuzione illegalmente bassa, orari pericolosamente lunghi e un’intensa sorveglianza digitale. Sono lieto che i lavoratori abbiano finalmente qualche rimedio a causa di questa sentenza, ma il governo deve rafforzare urgentemente la legge in modo che anche i lavoratori dei gig possano avere accesso all’indennità di malattia e alla protezione dal licenziamento ingiusto».

Dopo la sentenza della Corte Suprema Uk, la società statunitense in una nota ha affermato di “rispettare” la decisione della Corte suprema britannica e ha annunciato che avvierà una consultazione con tutti gli autisti Uber britannici per capire quali cambiamenti vorrebbero avere.

di: Maria Lucia PANUCCI

FOTO: ANSA/EPA/WILL OLIVER

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