
Mancati rinnovi e mancate attivazioni, quello dei contratti a termine è stato uno dei settori più colpiti dalla crisi. Meno di un mese alla fine delle regole semplificate per rinnovi e proroghe
Ultimi giorni per il rinnovo o la proroga dei contratti a termine per 12 mesi, senza applicare le causali previste dal Dl Dignità: il 31 marzo scadono, infatti, le regole semplificate per prolungare i rapporti a tempo determinato, esattamente come il blocco dei licenziamenti, introdotte per l’emergenza Covid-19. Dal 1° aprile, tranne che non arrivino novità su questo fronte, si tornerà alle regole pre-pandemia.
Proprio ai contratti a tempo determinato, per il 70% la formula prevalente di accesso al mercato del lavoro, il legislatore era intervenuto diverse volte durante la crisi pandemica, con l’obiettivo di arginarne gli effetti. A partire dal Dl Cura Italia, si è intervenuto quattro volte per allargare le restrizioni previste dal Dl Dignità. Fino al 31 marzo i datori di lavoro possono ancora rinnovare o prorogare i rapporti a termine in corso, fino a 12 mesi, senza indicare le causali (cioè le motivazioni) per le quali fissano un termine di scadenza al contratto. Secondo l’interpretazione estensiva del ministero e dell’Ispettorato del Lavoro (nota Inl 713 del 16 settembre 2020), inoltre, possono derogare anche alle pause di 10 o 20 giorni tra un contratto a termine e il successivo e al tetto massimo di quattro 4 proroghe per ciascun contratto a termine. Può accedere al regime semplificato di proroghe e rinnovi, però, solo l’azienda che non ne abbia già beneficiato, perché le deroghe al Dl Dignità – riscritte dal Dl Agosto – sono ammesse una volta sola. Le semplificazioni si applicano anche a i contratti a termine in somministrazione, come ha precisato il 3 marzo il ministero del Lavoro.
Quello del lavoro a tempo determinato è stato uno degli ambiti più colpiti dalla crisi. A dicembre 2020 risultavano quasi 393mila contratti a termine in meno rispetto all’anno precedente. Le sospensioni e le riduzioni delle attività, infatti, hanno causato da un lato il mancato rinnovo di quei contratti non protetti dal blocco dei licenziamenti, dall’altro la mancata attivazione di circa 1,4 milioni di contratti a termine rispetto all’anno precedente. Le perdite maggiori si sono registrate, in particolar modo, durante i picchi delle ondate di Covid-19: i periodi più bui sono stati il mese di aprile, in pieno lockdown, con 432 mila attivazioni in meno, e, dopo una breve ripresa nei mesi estivi, i numeri sono diminuiti ogni mese fino a far registrare 195 mila attivazioni in meno nel mese di dicembre. I settori più colpiti quelli delle strutture alberghiere, le attività turistiche e commerciali.
I rapporti a termine attivati nel 2020 hanno riguardato 3,4 milioni di lavoratori. Di questi, solo 713 mila (il 20,5%) risultavano ancora attivi con gli stessi rapporti al 2 marzo 2021.
La crisi pandemica in Italia ha fortemente influenzato, in modo negativo, il mondo del lavoro. Oltre la perdita dei contratti a tempo determinato, la Cassa integrazione, che ha riguardato circa 7 milioni di lavoratori dipendenti, ha alleggerito gli stipendi di 8,7 miliardi netti (ne abbiamo parlato qui).
di: Alessia MALCAUS
FOTO: ANSA/ALESSANDRO DI MEO
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