
Secondo il report stilato dagli analisti Fidelity International a guidare la corsa verso le emissioni zero sono le aziende europee, ma subito dietro di loro le realtà asiatiche
Emissioni zero per il 24% delle aziende globali nei prossimi dieci anni. Questo l’obiettivo che emerge dal report annuale di Fidelity International, l’Analyst Survey, che aggrega informazioni che derivano dagli oltre 15 mila meeting con le singole aziende e individua le tendenze chiave nel panorama aziendale. In prima fila le aziende europee: secondo le stime degli analisti il 30% di esse saranno a impatto zero entro il 2030. Nel frattempo le aziende asiatiche recuperano terreno: un’azienda su cinque (23%) potrebbe raggiungere lo stesso obiettivo nei prossimi dieci anni.
«Il cambiamento climatico rappresenta una delle maggiori minacce per società, business e redditività a lungo termine di aziende e mercati» – ha spiegato Jenn-Hui Tan, global head of stewardship and sustainable investing di Fidelity International. – «Ci aspettiamo che le aziende in cui investiamo siano orientativamente ambiziose nei loro sforzi per affrontare il potenziale impatto del cambiamento climatico sulla loro attività».
Il 54% degli analisti di Fidelity evidenzia come quest’anno la maggior parte delle realtà aziendali tratta le questioni ambientali in maniera regolare. La percentuale ammontava al 46% lo scorso anno e al 13% quattro anni fa. «Le normative si fanno sempre più severe» – ha osservato Jenn-Hui Tan – «mentre le prassi ambientali, sociali e di governance diventeranno un elemento chiave per attrarre il capitale degli investitori».
In merito alla Cina, il 25% degli analisti di Fidelity riscontra una crescente enfasi sui fattori ESG nella maggior parte delle aziende, rispetto a circa il 15% dei tre anni precedenti. Secondo le previsioni di Flora Wang, director sustainable investing e assistant portfolio manager della multinazionale statunitense, le emissioni di carbonio cinesi toccheranno il picco intorno alla fine di questo decennio. Ciò implica che la prima potenza asiatica ha meno di 30 anni per tagliare le emissioni dal loro massimo e raggiungere il suo obiettivo per il 2060. «La Cina ha molto da perdere se il cambiamento climatico non viene tenuto sotto controllo» – ha sottolineato. Nel Vecchio Continente, invece, il picco è stato raggiunto negli anni ’90 e a un livello di intensità di gran lunga inferiore.
Il futuro sembra aprirsi ad una visione ottimistica, anche grazie ai bassi tassi di interesse, rendimenti reali negativi e politiche fiscali di sostegno. L’emergenza pandemica continuare a mettere alla prova la resilienza delle economie e i ritmi della ripresa saranno tutt’altro che omogenei tra i diversi paesi. «Anche il quadro per i settori è positivo, ma disomogeneo» – ha commentato Terry Raven, director european equities di Fidelity International. – «I CEO delle società energetiche, che sono risultate perdenti durante la pandemia, sono molto più fiduciosi di quanto non lo fossero per il 2020, anche se dopo uno dei peggiori anni di sempre per il settore».
di: Alessia MALCAUS
FOTO: ANSA/UFFICIO STAMPA GREENPEACE
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