Ora che il valore delle criptovalute ha toccato i 45 mila euro, valutare le scelte più sicure per la compravendita e la conservazione dei bitcoin è d’obbligo
Acquistare e vendere bitcoin non è più un gioco. Ora che le criptovalute hanno raggiunto un valore di 45 mila euro, l’investimento richiede cautela. «È bene utilizzare piattaforme universalmente riconosciute, affidabili, solide e che abbiano una buona reputazione» – consiglia a tal proposito Gianluca Comandini, membro della taskforce di esperti blockchain del MISE. – «Se si seguono le procedure corrette non ci sono problemi. Che possono subentrare se utilizziamo piattaforme secondarie o non autorevoli, che potrebbero subire attacchi informatici. O, se noi stessi non conserviamo in sicurezza i dati di accesso o il wallet, possiamo essere derubati, proprio come con il portafogli o con le chiavi di casa».
Se una volta la compravendita di bitcoin avveniva tramite denaro contante, oggi gli esperti raccomandano di evitarlo. Per piccole cifre è preferibile usare gli ATM/bancomat che vendono bitcoin: in Italia la società Chainblock ne conta 13. Sennò è possibile affidarsi alle piattaforme di trading come eToro e Robinhood, quest’ultima al centro dell’Affaire GameStop (approfondisci qui).
L’opzioni migliore rimane quella degli exchange, veri e propri cambia-valute dove i bitcoin e affini si acquistano con un bonifico, previa registrazione: la verifica dell’identità è infatti richiesta nel rispetto delle norme anti-riciclaggio. Tra quelli più conosciuti ci sono il Chicago Mercantile Exchange, definito dall’Economist come la più grande piattaforma di scambio finanziario. Questo fissa il prezzo dei bitcoin tenendo conto di quello di quattro borse: Coinbase Pro, Kraken, Bitstamp e Gemini. Dell’elenco non fa parte il colosso Binance, che è comunque uno dei più grandi exchange al mondo. Presenti anche borse più piccole, come l’italiana TheRockTrading.
«Uno dei motivi per cui il bitcoin vale tanto è proprio perché consente di trasferire ingenti quantità di ricchezza da un capo all’altro del globo in maniera quasi istantanea e con estrema sicurezza» – spiega Ferdinando Ametrano, amministratore delegato di CheckSig e docente di Bitcoin e blockchain Technology a Milano-Bicocca. – «È evidente però che dobbiamo usare un software o un’app sicura. E non dobbiamo inviarli al destinatario sbagliato. Il che non significa sbagliare una cifra di un indirizzo BTC, intendiamoci: gli indirizzi bitcoin sono fatti in maniera tale che se uno sbaglia una lettera il trasferimento non è valido. Proprio come con l’Iban bancario. Per destinatario sbagliato, si intende proprio mandarli a qualcun altro, tipo un truffatore».
«Sulla blockchain di Bitcoin avvengono in sicurezza anche transazioni per un trilione di dollari, con commissioni di pochi dollari, tra l’altro» – prosegue Ametrano. Per trasferire bitcoin, infatti, si paga una commissione, più o meno alta in base alla velocità di transazione scelta. «Più è alta più l’operazione viene registrata velocemente sulla blockchain. Nei momenti di grande intasamento delle rete, le commissioni possono salire. Ma chi è disposto ad aspettare qualche giorno paga meno, riducendo la commissione anche di 2/3» – spiega Ametrano.
«Una transazione corretta viene registrata o, in qualche caso limite, dimenticata: ma non c’è modo che i bitcoin vengano distratti o persi, se abbiamo seguito tutte le indicazioni di cui sopra. Il tempo necessario perché una transazione che non è andata a buon fine venga dimenticata tipicamente è di 2 settimane e dopo i bitcoin tornano nel nostro portafogli. Ma ripeto sono casi limite. E molto dipende dall’app che usiamo» – conclude Ametrano, sulla possibilità che si perdano le transazioni.
«Nel caso di transazioni su blockchain non c’è rischio di smarrimento, è la stessa crittografia sottostante la garanzia. Nel caso invece di utilizzo di terze parti fiduciarie (come gli exchange) allora c’è solo un rischio che dipende appunto dall’affidabilità di quella piattaforma» – commenta a sua volte Comandini.
Sul dove conservare i bitcoin, infine, la custodia ideale delle criptovalute è nei wallet, portafogli virtuali come Electrum, Blockstram Green, Aqua, Mycelium, che di solito corrispondono ad app dello smartphone. Chi possiede capitali più ingenti preferisce affidarsi a società di custodia, tra cui l’italiana CheckSig. Sempre più persone, inoltre, scelgono di affidare i loro bitcoin e affini a una custodia non virtuale: wallet fisici come il Ledger, che nell’aspetto potrebbero ricordare le chiavette usb.
«È la soluzione migliore» – commenta Comandini – «un ledger fisico disconnesso da ogni forma di rete e difficile da raggiungere anche fisicamente (magari in un luogo protetto come una cassaforte)».
di: Alessia MALCAUS
FOTO: ANSA/INTERNET
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