
È una classifica che, come prevedibile, parla inglese. Molti i piazzamenti europei, ma l’Italia, seppur in buona compagnia, si dimostra ferma al Medioevo
È la prima edizione del Best Destinations for Remote Work, report compilato dalla startup Remote al fine di evidenziare l’impatto che il lavoro da remoto ha fatto registrare nei Paesi di tutto il mondo da inizio pandemia.
“Tutto il mondo è paese”, recita il vecchio adagio, ma certe realtà nazionali, come emerge dai risultati, lo sono ancora di più: prima fra tutte quella italiana, che piazza a una poco confortante 44esima posizione solo la Capitale.
Ci accompagna nell’imbarazzo buona parte dell’Europa meridionale, in primis la Francia, che sistema Parigi a sole due gradini sopra Roma, ma anche Grecia (con un solo 63esimo posto registrato da Atene), Svizzera (che porta Berna a due leghe di distanza dalla Ville Lumière) e Regno Unito (con Londra persino 77esima).
Una città a testa anche per Spagna, Portogallo, Finlandia, Norvegia, Germania e Irlanda, che in compenso possono vantare un posto d’onore nella top ten, rispettivamente con Madrid medaglia d’argento, non la capitale Lisbona bensì, forse a sorpresa, la piccola isola di Madeira subito fuori dal podio, Helsinki in quinta posizione, le remotissime Isole Svalbard (e non la capitale Oslo) subito sotto, la forse ovvia Berlino immediatamente dopo e, infine, Dublino al nono.
In cima alla graduatoria c’è un paradiso dell’accoglienza come Toronto – il cui numero di residenti, non a caso, è composto per metà da cittadini non autoctoni – ed è l’unica presenza per tutto il Canada.
Anche la medaglia di bronzo parla inglese ed è l’unica esponente del suo Paese: si tratta della neozelandese Auckland, che arriva insieme a una sua compagna di continente, l’australiana Sydney, che chiude la decina.
Quasi la metà delle magnifiche 100, va detto, porta però la bandiera a stelle e strisce e sancisce il predominio assoluto del Nuovo Mondo nell’ambito dello smartworking.
di: Andrea BOSCO
FOTO: ANSA/MATTEO CORNER
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