
Gelate improvvise e un parassita, il Leptoglossus occidentalis, hanno messo a dura prova le coltivazioni
Avere un Natale “normale” forse è chiedere troppo. Se lo scorso anno le festività sono state all’insegna dell’isolamento, causa Covid, quest’anno sotto l’albero troveremo come regalo, non affatto gradito, il rincaro dei prezzi.
Dopo l’aumento del prezzo del grano, che ha fatto salire i prezzi di panettoni e pastiere (guarda qui), ora è la volta anche dei pinoli, i cui prezzi salgono alle stelle per mancanza di pigne. Ebbene sì, il maltempo, con bombe d’acqua e gelate improvvise dopo lunghi mesi di afa e siccità, ha messo a dura prova le coltivazioni. Per non parlare di un altro grande nemico: il parassita Leptoglossus occidentalis. «Pungendo i frutti, il parassita fa abortire le pigne che rimangono vuote. Il calo nei raccolti è stato duro. In dieci anni siamo passati da una produzione di 880-900 mila quintali di pigne agli attuali 80-90 mila quintali. La produzione dello scorso anno, inoltre, è stata particolarmente scarsa, a causa della siccità. In alcune zone di raccolta, da maggio ad oggi non c’è stata pioggia», ha detto Lorenzo Bazzana, responsabile Ortofrutta di Coldiretti a Il Messaggero.
Poche pigne, pochi pinoli quindi. In 10 anni si è passati da circa 30 euro al chilo a più del doppio con un rincaro del 136%. Questo è un aggravio ad un problema già esistente. La loro richiesta supera l’offerta. L’Italia infatti produce poche tonnellate di pinoli e deve fare affidamento su quelli che arrivano dall’estero. I pinoli importati però differiscono nel gusto da quelli del nostro Paese. Un vero danno per la nostra cucina.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: ANSA
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