
L’ex coniuge non può più pretendere la componente assistenziale dell’assegno. Verrà liquidato in base alla durata del matrimonio e alla perdita di chance professionali
Una nuova convivenza non comporta di per sé la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno di divorzio in favore del coniuge economicamente più debole. Lo hanno sancito le sezioni unite civili della Cassazione, con una sentenza depositata oggi.
Tuttavia la scelta di avviare un nuovo percorso di vita non è irrilevante: l’ex coniuge non può più pretendere la componente assistenziale dell’assegno, ma ha diritto ad essere liquidato e la somma verrà quantificata tenendo conto di diversi parametri, come la durata del matrimonio, il suo apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e la perdita di chance professionali.
A sollevare il caso davanti alle sezioni unite era stata la prima sezione civile della Corte, dopo il ricorso di una signora, divorziata e convivente con un nuovo compagno da cui ha anche avuto una figlia, contro la sentenza con cui i giudici d’appello di Venezia avevano escluso l’obbligo dell’ex coniuge di corrisponderle l’assegno divorzile proprio alla luce della sua nuova convivenza. Anche la procura generale della Cassazione, nella requisitoria davanti alle sezioni unite per l’udienza del luglio scorso, aveva seguito questa linea, definendola “automatica e necessitata“, chiedendo il rigetto del ricorso della donna.
Ma i giudici hanno stabilito diversamente. «Qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche all’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge in funzione esclusivamente compensativa: a tal fine il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, dell’eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge – spiega la Corte. – Infine tale assegno, anche temporaneo su accordo delle parti, non è ancorato al tenore di vita endomatrimoniale né alla nuova condizione di vita dell’ex coniuge ma deve essere quantificato alla luce dei principi su esposti tenendo conto altresì della durata del matrimonio».
Sulla questione, seguendo la linea dei principi sanciti dalla Cassazione, dovranno ora nuovamente pronunciarsi i giudici di Venezia.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: ANSA
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