
La riforma taglia gli anni di contributi necessari da 36 a 30, con un’età pensionabile di 63 anni
L’ultimo emendamento alla legge di Bilancio, votato da Pd e M5S, vuole metttere mano al sistema contributivo di una specifica categoria di lavoratori. Si tratta degli operai nel settore edilizio. Mediante la formula dell’Ape sociale, per questi lavoratori sarebbe possibile andare in pensione a quota 93: 63 anni con 30 anni di contributi.
Un taglio di 6 anni rispetto ai 36 anni di contributi inizialmente richiesti. La proposta è stata avanzata e sembrerebbe avere l’appoggio della maggioranza, anche se si attende l’approvazione definitiva che darebbe “il giusto riconoscimento di un lavoro duro, faticoso, rischioso“, come ha sottolineato il segretario generale Filca-Cisl Enzo Pelle.
Ottimismo anche dal ministro del Lavoro Orlando che auspica una convergenza delle forze di maggioranza verso questa riforma che tiene conto “delle differenze delle condizioni di lavoro“.
Sulla stessa linea anche Nunzia Catalfo, ex ministra del Lavoro e Davide Tripiedi, in commissione Lavoro, per i quali l’abbassamento degli anni di contributi da 36 a 30 è un intervento “che reputiamo imprescindibile“, specialmente per una categoria come quella degli edili il cui lavoro è caratterizzato da sforzi fisici usuranti e discontinuità nelle prestazioni.
Al netto di queste modifiche, sul sistema pensionistico italiano continuano a incombere molte altre urgenze; il presidente Inps Pasquale Tridico ha di recente lanciato un monito, in un’intervista a Radio 24: «in un Paese con 60 mln di abitanti non si può reggere nel lungo periodo con (sole) 23 mln di persone che lavorano».
di: Marianna MANCINI
FOTO: DANIEL DAL ZENNARO/ANSA-ARCHIVIO/TO
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