Il petrolio prosegue la sua corsa: il Brent vola oltre 105 dollari. E si temono ripercussioni sull’Italia
E’ allarme per il rincaro dei prezzi dopo l’attacco della Russia all’Ucraina (leggi qui). Il costo del petrolio prosegue la sua corsa: il Brent balza dell’8% e supera i 105 dollari al barile per la prima volta in 8 anni. Salgono di quasi l’8% anche i futures sul Light Crude Wti superando la soglia dei 101 dollari al barile, per la prima volta dal 2014.
Ma è allarme anche per i prezzi del grano che sono balzati del 5,7% in un solo giorno, raggiungendo il valore massimo da 9 anni a 9.34 dollari a bushel, sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto, che è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina.
«La guerra sta innescando un nuovo cortocircuito sul settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria in alcuni settori ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri», ha commentato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
L’aumento delle quotazioni delle materie prime, sottolinea la Coldiretti, ha interessato anche i prodotti base per l’alimentazione degli animali negli allevamenti come la soia, che ha raggiunto il massimo dal 2012, e mais che è al massimo da 8 mesi.
Tutto questo si ripercuote anche sull’Italia che è costretta ad importare oltre la metà del fabbisogno (53%) di mais per il bestiame, a seguito della riduzione di quasi 1/3 della produzione interna negli ultimi 10 anni. E l’Ucraina rappresenta il nostro secondo fornitore con una quota di poco superiore al 20%, secondo le elaborazioni della Coldiretti. Un colpo mortale per gli allevamenti che sono costretti a fare i conti anche con il caro energia a fronte di compensi ben al di sotto delle spese.
Dall’Ucraina arriva in Italia anche il grano tenero per la produzione di pane e biscotti per una quota pari al 5% dell’import totale nazionale e una quantitativo di 107 mila tonnellate nei primi 10 mesi del 2021. Un valore quasi doppio rispetto a quello proveniente dalla Russia (44 mila tonnellate) dalla quale arriva anche il grano duro per la pasta (36 mila tonnellate).
Ma i problemi sono ovviamente anche a livello mondiale. L’Ucraina infatti oltre ad avere una riserva energetica per il gas è al quinto posto nel mondo per la produzione di circa 36 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale, al settimo per i 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione del pane. Peraltro l’Ucraina si colloca al terzo posto come esportatore di grano a livello mondiale. «A preoccupare – sottolinea la Coldiretti – è il fatto che il conflitto possa danneggiare le infrastrutture e bloccare le spedizioni dai porti del Mar Nero con un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali e il rischio concreto di tensioni sociali».
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: SHUTTERSTOCK
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