
L’ipotesi di Massimiliano Tonelli, ex direttore editoriale del Gambero Rosso
Il menù fisso potrebbe essere la ciambella di salvataggio che il mondo della ristorazione non merita ma di cui ha bisogno. È questa, in sintesi, l’ipotesi di Massimiliano Tonelli, direttore di Artribune ed ex direttore editoriale del Gambero Rosso, che ha chiesto ai ristoratori italiani un “atto di verità e di umiltà” per riuscire a correggere il tiro e uscire dalla crisi che la pandemia ha causato, tra chiusure, posti limitati e regole dovute all’uso del Green Pass.
«Ogni azienda prima di alzare bandiera bianca dovrebbe valutare attentamente se ci sono spazi di ottimizzazione per rendere sostenibile ciò che non sembra più esserlo. Per quanto riguarda una significativa fascia di luoghi della ristorazione (non tutti, ma molti), questo lavoro riorganizzativo ancora non è stato fatto e dunque i margini di miglioramento sono lì, alla portata», ha spiegato Tonelli, che chiede una svolta e una razionalizzazione dell’organizzazione in cucina basata su tre grandi pilastri: il menù fisso, la cena su due turni (19 e 21:30) e la prenotazione del tavolo solo in digitale.
«I vantaggi del menù fisso sono che avendo una scelta molto contenuta di pietanze a menù fisso, che sarebbe l’optimum, si riesce a minimizzare, se non annullare, tutta una parte di sprechi della ristorazione. Che, di fatto, è un settore industriale un po’ strano e poco interessato a efficientare i propri processi come fanno invece tutti i settori industriali. Forse perché molti di coloro che fanno ristorazione in Italia non sono dei professionisti», spiega Tonelli all’Agi, sottolineando che il pagamento in anticipo è “un patto di lealtà” che lega ristoratori e clienti e che permette di acquistare in modo preciso e non sprecare nulla. Inoltre, una scelta di questo tipo va a ottimizzare lo stoccaggio con risparmio in termini di materie prime e costi energetici.
Un’idea che “fa il paio” con i turni pranzo e cena, perché le persone arrivano, si siedono e si parte, senza aspettare nessuno, nemmeno il cameriere per ordinare. «I turni si fanno in tutto il mondo, da questo punto di vista noi siamo rimasti un po’ indietro, perché i nostri imprenditori hanno delle difficoltà ad attuare politiche e scelte precise […] Questo comporta un’inefficienza totale a parità di prezzo di affitto di quel locale, ma si usa il locale a metà. E nell’arco di una serata, che può partire dalle 6.30-7 e arrivare fino a mezzanotte, si utilizza soltanto la parte che va dalle 9 in poi con le persone che arrivano a quell’ora».
Tonelli spinge pertanto a organizzare risorse umane e offerta in quella che definisce “lettura post-pandemica”: «c’è una grossa concorrenza, anche per la forte presenza del delivery. Una volta che le persone sino abituate al delivery non tornano al 100% a sedere fuori casa. Si deve offrire una motivazione per far tornare le persone al ristorante. Questo è il momento giusto per fare delle innovazioni».
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI
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