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Economia

Ance: col caro-materie prime conviene fermare i cantieri piuttosto che tenerli aperti

Marianna Mancini
18 Aprile 2022
Ance: col caro-materie prime conviene fermare i cantieri piuttosto che tenerli aperti
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La provocazione arriva dall’associazione dei costruttori di Fermo che puntano il dito anche contro prezziari blindati già bassi Non si arrestano le preoccupazioni del settore dell’edilizia e delle costruzioni che […]

La provocazione arriva dall’associazione dei costruttori di Fermo che puntano il dito anche contro prezziari blindati già bassi

Non si arrestano le preoccupazioni del settore dell’edilizia e delle costruzioni che da tempo lamentano le pesanti ricadute economiche derivanti dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dai contratti “blindati“.

«Non è chiaro ancora a tutti, ma molto presto ogni cittadino se ne renderà conto: con i prezzi dei materiali fuori controllo, per le imprese edili è diventato più vantaggioso fermare i cantieri avviati piuttosto che proseguirli» ha dichiarato infatti oggi il presidente di Ance Fermo, Massimiliano Celi.

Le principali problematiche sono connesse proprio alle materie prime: apportando degli esempi concreti, Celi cita ad esempio il legno che “arrivando dal nord Europa, subisce il rincaro dei trasporti“. Così se “normalmente il tavolame per i ponteggi costa 280 euro al metro cubo, ora è passato a 500 euro”.

C’è poi il costo del ferro, “passato da circa 1.05 al chilo dal fornitore a 1,60. Sembra poco, ma il ferro non si compra a chili, quindi l’aumento è grande“.

Ancora, sul prezzo del cemento impattano “il costo del gas dovuto al conflitto in Ucraina e la speculazione finanziaria“, mentre il calcestruzzo “dal primo maggio aumenterà di 15 euro al metro cubo“.

Su questo l’Ance ha interrogato anche il commissario straordinario per la ricostruzione post-sisma Legnini, che aveva parlato di un aumento massimo del 15% rispetto al prezziario cratere 2018 mentre i costruttori avevano chiesto il 25%, “altrimenti è impossibile coprire i costi“.

Come accennato prima, oltre ai prezzi delle materie prime c’è anche la problematica del prezziario: «non ha senso un prezzario unico per quattro regioni – spiega ancora Celi – Se in Abruzzo la manodopera ha un costo minore, chiaro che gli aumenti impattano meno. Aggiungiamoci pure gli sgravi fiscali ed ecco che le Marche sono doppiamente penalizzate».

La conclusione, provocatoria ma realistica, è che “è preferibile non lavorare e attendere a tempo indeterminato che i prezzi delle materie prime diminuiscano tornando ai livelli di fine 2020“.

di: Marianna MANCINI

FOTO: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

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