
In oltre la metà dei casi la crescita degli occupati tra i 15 e i 34 anni ha riguardato i settori degli alberghi e ristorazione
Nel secondo trimestre 2022, il 31,5% dei giovani svolge un lavoro a tempo determinato (8,5% tra gli adulti) e gli under35 rappresentano più della metà del totale dei dipendenti a termine (52,3%). Ciò determina anche “una diffusa percezione di insicurezza”: il 13,3% degli occupati di 15-34 anni, una quota circa doppia rispetto a quella dei lavoratori più anziani (pari al 6,5%), ritiene probabile perdere il lavoro entro sei mesi.
E’ l’allarme lanciato dall‘Istat nel focus “La dinamica dell’occupazione giovanile”, contenuto nella rilevazione sul mercato del lavoro nel II trimestre. La dinamica tra il secondo trimestre 2021 e il secondo trimestre 2022, frutto anche dell’adozione di provvedimenti che hanno favorito l’assunzione di giovani, si caratterizza per una crescita del tasso di occupazione tra i 15-34enni – che raggiunge il 44,2% – di 3,5 punti, circa doppia di quella osservata per i 35-64enni (+1,7 punti).
Nel dettaglio, la crescita dell’occupazione giovanile ha riguardato il lavoro alle dipendenze, sia a termine (+182 mila, +12,3% rispetto al secondo trimestre 2021) sia a tempo indeterminato (+219 mila, +8,4%), mentre è proseguito il calo degli indipendenti (-10 mila, -1,2%). In oltre la metà dei casi la crescita degli occupati tra i 15 e i 34 anni ha riguardato i settori degli alberghi e ristorazione (+134 mila, +32,4% rispetto al secondo trimestre 2021), delle costruzioni (+55 mila, +19,9%) e degli altri servizi collettivi e personali (+53 mila, +19,8%), ricalcando la dinamica osservata sul totale degli occupati.
I giovani, inoltre, si caratterizzano per incrementi più marcati dell’occupazione (di oltre tre volte superiori rispetto al totale) nei settori di trasporti e magazzinaggio, informazione e comunicazione e servizi generali della P.A. La crescita è meno intensa, ma sempre superiore al totale, nei comparti dell’industria, dei servizi alle imprese, dell’istruzione e della sanità.
Ancora in calo, invece, gli occupati giovani nei comparti del commercio, delle attività finanziare e assicurative e dei servizi alle famiglie.
Infine, tra i giovani aumentano le professioni qualificate (+139 mila, +9% rispetto al secondo trimestre 2021), soprattutto quelle intellettuali e tecniche nei comparti di informazione e comunicazione, istruzione e sanità (si pensi ad esempio ad analisti e progettisti di software, tecnici programmatori, professori di scuola dalla pre-primaria alla secondaria, professioni sanitarie e infermieristiche); la marcata crescita delle professioni intermedie (+174 mila, +10,0%) è, invece, concentrata nei settori di alberghi e ristorazione e negli altri servizi collettivi e personali (camerieri, baristi, cuochi, addetti all’accoglienza, impiegati amministrativi per fare alcuni esempi).
Aumentano anche le professioni operaie (+68 mila, +6,3%), sebbene con minore intensità, soprattutto nelle costruzioni (muratori, manovali, ecc.) e nei trasporti e magazzinaggio (conduttori di mezzi pesanti, addetti alle consegne, ecc.). Decisamente trascurabile la crescita delle professioni non qualificate (+11 mila, +2,1%).
In sintesi, oltre un terzo dei giovani svolge professioni intermedie e quasi un terzo occupa una posizione qualificata; meno di uno su dieci svolge una professione non qualificata.
Negli ultimi tre anni, le oscillazioni del tasso di occupazione delle persone tra i 15 e i 34 anni sono state molto più accentuate rispetto a quelle dei 35-64enni. Per i giovani è stato più intenso sia il calo tendenziale iniziato nel secondo trimestre 2020 – quando tra gli under35 ha sfiorato i 4 punti percentuali, fermandosi a poco più di 2 punti tra i più adulti – e protrattosi fino al primo trimestre 2021, sia la ripresa successiva iniziata nel secondo trimestre 2021, quando l’incremento del tasso tra i giovani è stato quasi il triplo di quello dei più adulti.
Del resto, nonostante i giovani rappresentino meno di un quarto del totale degli occupati, il calo dell’occupazione li ha coinvolti in almeno quattro casi su dieci, e la successiva ripresa in circa sei casi su dieci.