
A tutelare le vittime della violenza di genere interviene anche la legislazione del lavoro, ma spesso c’è poca informazione
In un contesto di violenza e sopruso, spesso uno dei problemi più difficili da affrontare è il lavoro. Infatti tra i rischi in cui incorrono le donne vittime di violenza c’è quello di perdere l’impiego nel momento in cui devono trasferirsi per sfuggire al proprio aguzzino. In realtà un decreto del 2015, il numero 80, e le sue successive modifiche permettono di ovviare a questa difficoltà.
A richiedere il congedo, che può estendersi fino a 90 giorni, possono essere tutte le lavoratrici inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere del settore pubblico e privato che siano dipendenti o autonome, in particolare le dipendenti appartenenti a qualsiasi categoria compreso il lavoro domestico e agricolo e le autonome o con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Le beneficiarie devono essere inserite in un percorso di protezione certificato dai servizi sociali del comune di appartenenza, dalle Case Rifugio o dai CAV, centri antiviolenza.
Il congedo si applica nei casi di astensione effettiva dall’attività lavorativa entro tre anni dalla data di inizio del percorso di protezione e termina nei casi di cessazione del rapporto di lavoro. La lavoratrice deve inoltre dare un preavviso al datore di lavoro o al committente pari ad almeno 7 giorni specificando l’inizio e la fine del periodo di congedo, salvo che sia oggettivamente impossibilitata a farlo. Il congedo è utile ai fini dell’anzianità di servizio, della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. È frazionabile in ore, ma per un numero di ore minimo pari alla metà dell’orario medio giornaliero contrattuale del periodo di paga mensile o quadrisettimanale scaduto e immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo. Per quanto riguarda gli aspetti economici, è erogata un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione media giornaliera del periodo di paga mensile o quadrisettimanale scaduto. Nel privato è il datore di lavoro che anticipa l’indennità, deducendola nella denuncia contributiva mensile dal totale dei contributi dovuti.
Resta il nodo delle differenze tra lavoratrici sottoposte al regime dell’Inps e quelle della Gestione Separata. Se infatti per determinate categorie, quali le stagionali, le operaie agricole a tempo determinato, le lavoratrici dello spettacolo e le lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari, l’indennità è pagata direttamente dall’INPS, per le iscritte alla Gestione Separata è garantita la sospensione del contratto per i giorni richiesti, ma il congedo non è retribuito.