
L’indice S&P che tasta il polso ai manager degli acquisti europei parla chiaro: si vende e si compra poco, dall’Italia alla Germania, passando per la Francia. Mentre l’inflazione corre
Rallenta ulteriormente l’attività manifatturiera dell’Eurozona. A ottobre scorso l’indice S&P Global Pmi (Purchasing Managers’ Index) è sceso a 46,4 punti dai 48,4 punti registrati a settembre. Il risultato è leggermente al di sotto delle previsioni che indicavano 46,6 punti. In ogni caso, sotto quota 50, si indica contrazione di un settore economico.
Il calo – viene spiegato – ha preso vigore a causa del più veloce crollo della produzione manifatturiera e dei nuovi ordini dall’apice della pandemia registrato nella primavera del 2020. La debole domanda inoltre riflette un nuovo aumento della giacenza dei prodotti finiti. Le aziende campione hanno di conseguenza ridotto i loro acquisti al tasso più veloce in oltre due anni.
Detto questo, sia il tasso di inflazione dei costi che quello dei prezzi di vendita rimangono storicamente elevati. Malgrado in leggero aumento da settembre, l’ottimismo delle aziende è rimasto debole.
L’indice italiano è diminuito da 48,3 di settembre e ha raggiunto a ottobre 46,5, mostrando il quarto deterioramento mensile consecutivo delle condizioni manifatturiere e a un tasso che è stato il maggiore da maggio 2020.
Stesso andamento in Francia, dove a ottobre l’indice Pmi ha registrato un valore di 47,2 punti in calo rispetto al 47,7 di settembre e in Germania (46,4 punti). In entrambi i Paesi si tratta del livello più basso da due anni e mezzo.