Mentre gli italiani tirano la cinghia per pagare le bollette, i manager delle quotate in Borsa hanno visto i compensi aumentare del 17%
Crisi economica meno preoccupante per gli amministratori delegati delle società quotate in Borsa. Mentre in tutto il Paese incalza il dibattito sulla contrazione del potere d’acquisto degli stipendi, i top manager possono contare su un aumento del 17% dei compensi medi che si attestano a 1,1 milioni di euro.
La dinamica dei compensi dei ceo, fotografata dal secondo rapporto realizzato dal Centro ricerche finanziarie sulla corporate governance dell’Università Cattolica (Fin-Gov), risente soprattutto del forte rimbalzo dei bonus, risaliti a 420 mila euro (dopo che erano crollati nel 2020 da 374 a 239 mila euro).
Si tratta, in particolare, di performance del 2021 che hanno risentito del miglioramento delle condizioni di mercato, avvenuto in parallelo all’uscita dalla fase più critica della pandemia e prima della guerra russo-ucraina.
Allargando gli orizzonti alla gestione delle quotate emerge una qualità della corporate governance delle società italiane è molto differenziata e si presenta ‘buona’ tra le grandi, e più formale in quelle piccole.
In sintesi «possiamo dire che dal rapporto emergono luci e ombre in materia di governance», afferma Massimo Belcredi, direttore del Centro di ricerche finanziarie sulla corporate governance (Fin-Gov).
Analizzando il tema sulla ripartizione del personale tra uomini e donne emerge che la presenza femminile, molto influenzata dal settore (massima nel settore finanziario, nel tessile – abbigliamento e nell’healthcare), è pari a circa il 40% del totale ma si dimezza (18%) a livello dirigenziale.
Un terzo delle società, inoltre, fornisce informazioni anche sul gender pay gap. Le donne percepiscono in media l’89% della remunerazione dei colleghi maschi, a livello generale, e l’86% tra i dirigenti.
Il pay gap è «chiaramente riconducibile a differenze di ruolo nell’organigramma aziendale. La strada verso un’effettiva parità è, quindi, ancora lunga», è spiegato nel rapporto.
In netto miglioramento rispetto ai temi della sostenibilità con oltre il 61% delle società che si è dotata di un apposito piano. Si è passati dal «48% dell’anno scorso al 61% di quest’anno. E l’aspetto positivo è anche che cresce l’integrazione con i piani industriali», spiega il commissario della Consob Chiara Mosca. E questa integrazione tra i due piani consente, secondo Lucia Calvosa, presidente di Eni e del comitato italiano per la corporate governance, di «realizzare l’integrazione totale tra la sostenibilità e le strategie di busines».