
Sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Assise di Taranto ha condannato 26 persone, tra cui gli ex proprietari e amministratori Fabio e Nicola Riva
La gestione dell’ex Ilva da parte dei Riva fu “disastrosa”. È quanto emerge dalle motivazioni della sentenza della Corte d’Assise di Taranto che ha condannato in primo grado 26 persone tra manager, dirigenti e politici, in conclusione del processo “Ambiente Svenduto”.
Nelle motivazioni di giudici parlano di “danni alla vita e all’integrità fisica che, purtroppo, in molti casi si sono concretizzati: dagli omicidi colposi, alla mortalità interna ed esterna per tumori, alla presenza di diossina nel latte materno. Modalità gestionali che – viene puntualizzato – sono andate molto oltre quelle meramente industriali, coinvolgendo a vari livelli tutte le autorità, locali e non, investite di poteri autorizzatori e/o di controllo nei confronti dello stabilimento stesso”.
L’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola è stato condannato a tre anni e mezzo di reclusione (l’accusa ne aveva chiesti cinque). A Vendola viene contestata la concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo gli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull’allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato (condannato a due anni per favoreggiamento), per far “ammorbidire” la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dalla fabbrica.
L’ex presidente della Provincia Gianni Florio è stato condannato a tre anni per concussione e tentata concussione, che avrebbe commesso in concorso con l’ex assessore provinciale all’Ambiente Michele Conserva, condannato a tre anni, e con Archinà, ex responsabile delle relazioni istituzionali, condannato a 21 anni e 6 mesi.
Gli ex proprietari e amministratori Fabio e Nicola Riva sono stati condannati rispettivamente a 22 e 20 anni per concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.
«Saliamo su un treno in corsa che sta deragliando» il commento del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso secondo cui ArcelorMittal “contravvenendo agli accordi presi, produce tre milioni di tonnellate mentre ne avrebbe dovuti produrre sei. Siamo già con un impianto che si sta spegnendo. Ci siamo confrontati con tutti, a partire dall’a.d. Nessuno mi dice che chiude ma improvvisamente, da un giorno all’altro, invece arriva la notizia che chiude i cancelli ai lavoratori dell’indotto. Ma abbiamo continuato l’interlocuzione con l’azienda perché siamo persone responsabili”. Quanto al “miliardo previsto come iniezione di risorse, vogliamo sia condizionato alla governance”.