A Piazza Affari diversi gli addii, da Atlantia a Exor in un anno che drenerà dal listino milanese circa 33 miliardi di capitalizzazione relativa alle società oggetto di Opa e in vista di delisting
Dal tema Tim-Rete unica al risiko. Molti i dossier caldi di Piazza Affari nel 2022. Fari puntati sul settore bancario e sulle manovre nella galassia Generali. In primo piano anche Mps, Bper Carige.
A Piazza Affari diversi gli addii, da Atlantia a Exor in un anno che drenerà dal listino milanese circa 33 miliardi di capitalizzazione relativa alle società attualmente oggetto di Opa e in vista di delisting. Per il momento, invece, il caso Tod’S sembra in stand by con le scarse adesioni all’Opa che hanno portato la famiglie Della Valle a restare con la sua società quotata.
Fra le delistate, Banca Finnat, ma anche big come Cattolica Assicurazioni, Cerved, Falk Renewables. Poi i delisting di Banca Carige, la banca genovese il cui salvataggio si è concluso grazie all’Opa a favore di Bper, diventata aggregante da eterna sposa.
Sempre in casa Benetton, Autogrill, promessa sposa alla svizzera Dufry, migrerà sulla Borsa di Zurigo.A dicembre sono state lanciate altre tre Opa: quella di De Agostini e della famiglia Drago su Dea Capital, quella di Credem su Finlogic e quella di Alpha Private Equity e Peninsula Investments su Prima Industrie. Si segnala l’operazione Unicredit-Azimut. L’istituto di Piazza Gae Aulenti ha comunicato l’avvio di una partnership con Azimut H. sul risparmio gestito con una newco.
“Aspettando la rete unica”, è trascorso così il 2022 delle tlc nel Belpaese. C’è infatti Tim fra i dossier bollenti: in ballo il futuro della rete nazionale di telecomunicazioni. Coinvolti il governo e i maggiori azionisti di Tim, soprattutto Vivendi e Cdp. Il governo lavora, oltre che con Cdp, con fondi internazionali interessati alla rete italiana’.- è stato confermato dal ministero delle Imprese e del Made in Italy – E intende assicurarsi il controllo della rete fissa di Tim, asset ritenuto strategico per creare un operatore nel settore della banda larga esclusivamente all’ingrosso.
L’ad di Tim, Pietro Labriola, ha incontrato i rappresentanti di Global Infrastructure Partners (Gip) su un potenziale investimento nella rete fissa da parte del fondo. Anche lo statunitense Kkr, che quest’anno ha respinto un tentativo di acquisizione totalitaria di Tim, ha recentemente rinnovato il proprio interesse per la rete fissa di Tim.
Un anno fa Kkr, azionista di Fibercop, la società per la fibra del gruppo Tim, era pronta a lanciare un’Opa da poco meno di 11 miliardi di euro, accollandosi i 20 miliardi di debito netto e procedere alla separazione della rete.
Soci e cda hanno respinto l’offerta e scelto di portare avanti da soli il progetto di separazione convinti di poter valorizzare meglio gli asset. In campo l’avvio della societarizzazione di Tim Enterprise.
Le ipotesi sembrano ancora aperte, dalla vendita della rete a uno o più soggetti sotto il controllo dello Stato, affiancati dai fondi alla scissione proporzionale dei business, con l’infrastruttura a Cdp e il retail a Vivendi. Tanti i rumors: sono circolati i nomi di Invitalia, ma anche di Poste e di Fs e sul fronte investitori istituzionali oltre a Kkr, Macquarie (già azionista di Open Fiber) e Gip.
Atlantia quest’anno ha lasciato la Borsa di Milano dopo 35 anni, in seguito all’accordo tra Edizione, Blackstone e Fondazione Crt. La holding della famiglia Benetton valeva 19 miliardi di euro. Schema Alfa, la società veicolo partecipata da Edizione e Blackstone, che detiene il 95,9333% di Atlantia, ha lanciato un’Opa sulla società ad aprile.
Secondo il management, l’operazione è finalizzata a sostenere pienamente la strategia di investimento a lungo termine, l’attuale piano industriale e la crescita sostenibile.
A settembre sono cessate le contrattazioni su listino di Milano di Exor. Ad agosto scorso la holding posseduta dalla famiglia Agnelli-Elkann ha debuttato alla Borsa di Amsterdam.
L’integrazione di Generali con Cattolica sta procedendo più rapidamente del previsto, con “sinergie attese in aumento da 80 milioni di euro entro il 2026 a 120-130 milioni di euro entro il 2025”. Questo l’aggiornamento del Leone a dicembre.
Il tema del futuro di Banca Generali potrebbe guadagnare la scena nel 2023. Per ora è stallo da quando il dossier Guggenheim, potenziale obiettivo di acquisizione per il Leone, si è raffreddato. Intanto, “le maggiori sinergie relative alla integrazione di Generali con Cattolica “dimostrano e confermano la nostra capacità nel valutare e realizzare le giuste opportunità di M&A e di integrare una società velocemente e in maniera efficiente”, assicurano dal Gruppo.
Infine, il dossier Monte dei Paschi di Siena nel 2022 ha segnato la conclusione dell’aumento di capitale, 2,5 miliardi, di cui 2/3 dalla mano pubblica attraverso il Tesoro. Ma il tema del futuro della banca senese resta caldo. Intanto, dato il buon esito dell’aumento di capitale, la Bce ha rimosso il divieto di distribuzione dei dividendi, sostituito con l’obbligo di preventiva autorizzazione da parte dell’Autorità di Vigilanza.
E ha confermato per il 2023 i requisiti patrimoniali Srep “in linea con il 2022, e già ampiamente rispettati”. Sotto i riflettori anche il terzo gruppo bancario del Paese, Banco Bpm, con l’alleanza annunciata a dicembre con Credit Agricole nel bancassurance. Agricole è primo azionista al 9,2%. Quest’anno Enasarco è entrato nel capitale di Bpm con l’acquisto a dicembre dell’1,97% dell’istituto.