
Venerdì le quotazioni internazionali del gas erano a 49,2 euro al megawattora, il prezzo più basso da agosto 2021
Almeno nell’immediato, il temuto contraccolpo sui prezzi dell’energia non si è verificato. Come riporta Italpress, gas e petrolio si sono mantenuti nella prima metà del mese su livelli stabili medio-bassi: venerdì le quotazioni internazionali del gas erano a 49,2 euro al megawattora, il prezzo più basso da agosto 2021 (a dicembre scorso superava ancora i 135 euro), mentre il brent stava a 83,42 dollari al barile.
Un bilancio positivo, sebbene provvisorio, nel mese in cui sono scattati l’embargo ai prodotti petroliferi raffinati russi (5 febbraio) e l’entrata in vigore del tetto europeo al prezzo del gas (15 febbraio). Nessuna turbolenza sui mercati, insomma, diversamente dalle previsioni più funeste che davano rilazi anche molto significiativi sui prezzi.
Rispetto al price cap sul gas, deciso a dicembre scorso dai ministri dell’Energia Ue, siamo addirittura molto al di sotto dei 180 euro al megawattora fissati come tetto oltre il quale, in caso di persistenza per tre giorni consecutivi, scatta lo strumento di protezione.
Per fare un confronto con la situazione dello scorso anno, se il tetto fosse stato introdotto all’inizio del 2022, secondo gli analisti sarebbe stato utilizzato per più di 40 giorni tra agosto e settembre. Ora, invece, con l’inverno che volge al termine e le temperature relativemente miti, gli allarmi dei mesi scorsi sembrano scampati. Anche perché l’aumento delle forniture di gas liquefatto, in particolare da Qatar e Stati Uniti, ha permesso di mantenere elevati gli stoccaggi.
Quanto all’embargo sui prodotti petroliferi russi, che fa seguito al divieto europeo di importare il greggio di Mosca, entrato in vigore il 5 dicembre scorso come sanzione per l’attacco all’Ucraina, la misura sembra per ora aver colpito più pesantemente la Russia: da settimane le quotazioni del greggio degli Urali, la principale miscela di esportazione della Russia, sono scese sotto i 50 dollari. E, già a gennaio, le entrate fiscali da petrolio e gas sono crollate del 46% rispetto all’anno precedente, in coincidenza con l’aumento del 59% della spesa a causa della guerra. Un mix che ha provocato un deficit pubblico di 1.720 miliardi di rubli (circa 25 miliardi di dollari).
Entro il primo marzo il governo del Cremlino dovrà elaborare un piano su come valutare il prezzo del petrolio russo per compensare gli effetti delle sanzioni sulle entrate del bilancio. Per tutti gli altri Paesi produttori di energia, e per le più importanti compagnie di gas e petrolio, invece, il fatturato è quasi triplicato durante l’anno di guerra tra Russia e Ucraina: 4.000 miliardi di dollari rispetto alla precedente media di 1.500.
Ma nel lungo periodo, secondo il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’Energia, Fatih Birol, “la domanda di petrolio diminuirà” grazie allo sviluppo delle fonti rinnovabili.