
Si è tenuto oggi il convegno dell’Consiglio nazionale dei commercialisti sui 50 anni dell’imposta diretta
Il presidente dell’Ordine dei commercialisti di Roma Giovanni Battista Calì ha affermato che “in base alle stime della Commissione Europea, nel 2020 il “Vat compliance gap”, cioè l’Iva non incassata per effetto di frodi, o evasioni ma anche per insolvenza del debitore, o altri fenomeni, è stato pari nell’Unione europea al 9,1%. In Italia, l’indice è stato invece del 20,8%, al terzultimo posto dopo Romania e Malta”.
“È generalizzato – ha aggiunto – l’interesse ad avere una normativa quanto più possibile chiara e stabile per impedire fenomeni di frode, o evasione che possono anche alterare la concorrenza tra gli operatori”.
L’Iva, ha proseguito nel corso dell’evento odierno, promosso dal Consiglio nazionale dei commercialisti sui 50 anni dell’imposta (nella foto), “riguarda una vastissima platea di cittadini, viene applicata dalle imprese – individuali e societarie – e a tutti i professionisti: nel 2020 le partite Iva erano 4,2 milioni. Inoltre, per effetto del suo meccanismo applicativo, che opera una traslazione a valle dell’onere, incide su tutti i consumatori”.
Secondo il presidente della Commissione Iva e imposte indirette del Consiglio nazionale dei commercialisti Renato Portale, “l’entrata in vigore dell’Iva, 50 anni fa, ha rappresentato certamente uno spartiacque non solo per le imprese chiamate ad applicare il tributo, ma anche per i commercialisti che le hanno assistite e che, oggi più che mai, devono essere protagonisti nel processo di evoluzione e riforma del tributo”, termina una nota.
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(foto IMAGOECONOMICA)