
Partono le prime class action contro le banche che, in questi giorni, si sono rese protagoniste di crolli, acquisizioni e defaillance sul mercato.
Se nei giorni scorsi erano state annunciate quelle nei confronti di SVB, adesso è la volta di Credit Suisse ma anche del matrimonio di quest’ultima con Ubs. Nel primo caso, e cioè contro Credit Suisse, a muoversi, secondo fonti di Bloomberg, sono studi legali newyorkesi tra cui Levi & Korsinsky e Bronstein, Gewirtz & Grossman con citazioni presentate alla «Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto del New Jersey».
In particolare le accuse verterebbero su alcune dichiarazioni rese dalla banca e ritenute false e/o contraffatte su alcuni fatti. Tra questi anche l’aver sottovalutato l’impatto delle recenti perdite trimestrali, rischi di varia natura e l’incapacità di trattenere i fondi dei clienti sopravvalutando anche la posizione finanziaria e/o le prospettive della società.
Per quanto riguarda, invece, la fusione con Ubs oggetto del contendere sarebbe l’azzeramento delle obbligazioni Additional Tier-1 (AT1), dal valore di circa 16 miliardi di franchi, deciso dalla Finma, l’autorità elvetica di vigilanza dei mercati finanziari.
Secondo quanto dichiarato da Pallas Partners, studio legale con sedi a Londra e New York, si starebbe valutando «una strategia coerente e multigiurisdizionale che potrebbe essere perseguita da un gruppo di investitori internazionali nelle obbligazioni AT1 per recuperare le perdite». A muoversi, però, sono anche altri celebri studi legali tra cui Quinn Emanuel Urquhart & Sullivan, società legale californiana.
FOTO: Shutterstock