A rivelarlo è il report “Civiltà del mare – Geopolitica, strategia e interessi nel mondo subacqueo” presentato oggi a Livorno
“L’economia italiana e la sua identità sono ineludibilmente dipendenti dalla dimensione marittima”, non solo “visti gli 8.500 chilometri di coste, equivalenti a 7/8 dei confini esterni” ma soprattutto perché la blue economy secondo lo studio “Progetto mare” di Confindustria “ha registrato a livello annuale un’occupazione di quasi 530.000 unità, un fatturato di 82,2 miliardi di euro, un valore aggiunto di 23,8 miliardi, profitti lordi per 10,7 miliardi e investimenti per 2,4 miliardi”.
A rivelarlo è il report “Civiltà del mare – Geopolitica, strategia e interessi nel mondo subacqueo” elaborato da Fondazione Leonardo – Civiltà delle macchine e Marina Militare con la collaborazione del Cnr.
Lo studio è stato presentato in occasione dell’evento “Civiltà del mare – Il subacqueo nuovo ambiente dell’umanità” all’Accademia Navale di Livorno alla presenza del ministro per le Politiche del Mare, Nello Musumeci e del ministro della Difesa, Guido Crosetto.
Se si considera – si legge nel report – che circa il 90% delle merci mondiali compie almeno una tratta via mare la posizione geografica del nostro Paese è particolarmente vantaggiosa per lo sviluppo della Blue economy. Soprattutto in una delle aree più sviluppate a livello marittimo come il mar Mediterraneo.
“Nonostante rappresenti solo l’1% della superfice marittima mondiale è il crocevia di numerose e importanti direttrici di traffico: circa il 20% del traffico marittimo mondiale, il 25% dei servizi di linea su container, il 30% dei flussi di petrolio mondiali, il 65% del flusso energetico per i Paesi dell’Unione europea” si legge.
Uno scenario destinato ad aumentare di importanza nel prossimo decennio, chiarisce lo studio elaborato da Fondazione Leonardo e Marina perché “secondo una recente statistica Ocse l’economia legata agli oceani dovrebbe crescere dagli attuali 1.500 miliardi di dollari ai circa 3.000 miliardi entro il 2030, rinforzando ancora di più il già forte legame esistente tra il benessere della terraferma e le risorse marine”.
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