
Raffica di reazioni all’intervista del Financial Times a un professore dell’Università di Parma sui (falsi, secondo lui) miti della cucina italiana
“Il Parmigiano Reggiano DOP è uno dei simboli del Made in Italy, è un prodotto italiano che tutto il mondo ci invidia ed è nato in Italia. Risalgono al 1200 le prime testimonianze sulla sua commercializzazione”. Lo precisa il Consorzio Parmigiano Reggiano, in merito alle notizie pubblicate sulla stampa nazionale e internazionale.
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“Un atto notarile redatto a Genova nel 1254 testimonia infatti che fin da allora il caseus parmensis (il formaggio di Parma) era noto in una città così lontana dalla sua zona di produzione. Nel XIV secolo le abbazie dei monaci Benedettini e Cistercensi continuano a giocare un ruolo fondamentale nella definizione della tecnica di fabbricazione – spiega il Consorzio -. Si ha così l’espansione dei commerci in Romagna, Piemonte e Toscana, dai cui porti, soprattutto da Pisa, il formaggio prodotto a Parma e a Reggio raggiunge anche i centri marittimi del mare Mediterraneo”.
La testimonianza letteraria più nota è del 1344: Giovanni Boccaccio nel Decamerone descrive la contrada del Bengodi e cita una montagna di “parmigiano grattugiato” su cui venivano fatti rotolare “maccheroni e raviuoli”, dando così un’indicazione dell’uso che se ne poteva fare in cucina. Sicuramente c’è stata un’evoluzione nel corso degli anni. Le forme nel Medioevo erano decisamente più piccole, mentre oggi pesano oltre 40 kg.
Ovviamente nel corso degli anni le tecniche di produzione si sono evolute per essere conformi alle norme igieniche sanitarie che devono rispettare tutti i prodotti alimentari, ma la ricetta è la medesima da mille anni (latte, sale e caglio), così come la tecnica di produzione che ha subito pochi cambiamenti nei secoli, grazie alla scelta di conservare una lavorazione del tutto naturale, senza l’uso di additivi.
“Una produzione che nel 1996 è stata riconosciuta come Denominazione di Origine Protetta dall’Unione Europea, con un disciplinare rigorosissimo che stabilisce che la lavorazione deve avvenire in un’area estremamente limitata, quella delle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova a destra del Po e Bologna a sinistra del Reno. In quest’area devono avvenire la produzione di latte, la trasformazione in formaggio, la stagionatura fino all’età minima (12 mesi), il confezionamento e la grattugiatura del Parmigiano Reggiano DOP – sottolinea ancora il Consorzio -. Non è possibile farelo con latte prodotto fuori da questa zona o proveniente dall’estero. È stata la stessa Corte di giustizia europea con sentenza del 26/2/2008 a giudicare che il termine “Parmesan” non è generico, ma è un’evocazione del Parmigiano Reggiano, e quindi costituisce violazione della normativa comunitaria in tema di indicazione geografica, nonché una pratica ingannevole nei confronti del consumatore”.
Sulla questione è intervenuta anche la politica: “Stanno creando un clima infamante contro i prodotti italiani. Ormai gli attacchi non si contano più: le etichette irlandesi secondo le quali il vino nuoce gravemente alla salute, il Nutriscore che boccia produzioni tipiche e sane come olio d’oliva e Parmigiano Reggiano, le autorizzazioni poco trasparenti a farine di grillo e cibo sintetico… Adesso anche un quotidiano prestigioso come il Financial Times dà spazio e attenzione agli sproloqui di un professore italiano a caccia di notorietà” ha scritto sui social il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio (Lega).
“La carbonara, il panettone, il Parmigiano Reggiano e altre prelibatezze – prosegue – fanno parte della tradizione italiana. Di una cultura che certamente si aggiorna, ma che rimane saldamente legata al nostro territorio e alla nostra popolazione. Una cucina che merita di essere inserita tra i patrimoni immateriali riconosciuti dall’Unesco proprio perché qui, e solo qui, trova gli ingredienti che la compongono e quel radicamento nella vita dei cittadini, che le consentono di essere legata indissolubilmente all’immagine dell’Italia”, spiega il coordinatore del Dipartimento Agricoltura e Turismo della Lega.
“Non possiamo sottovalutare il tentativo di danneggiare quell’immagine, perché vorrebbe dire compromettere anche i motivi per cui i nostri prodotti vengono venduti in tutto il mondo e per i quali molti turisti vengono a visitare le nostre regioni, attratti proprio dalle eccellenze enogastronomiche. Insomma – conclude Centinaio – vogliono colpire una parte importante della nostra economia e, di fronte a questo tentativo, la nostra reazione non può essere un’alzata di spalle. Le istituzioni devono reagire compatte, senza divisioni politiche, per tutelare il made in Italy, il suo carattere culturale e le sue prospettive economiche”.
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(foto SHUTTERSTOCK)