
È la dura critica che Vivendi racchiude in una lettera indirizzata al cda ma che punta a colpire anche il Comitato remunerazione e nomine
Vivendi, il maggior azionista di Tim mette sotto pressione il cda, non più solo sul fronte della cessione della rete, scontenta del valore attribuito all’asset, ma anche sulla gestione ordinaria e sull’esecuzione del piano industriale.
Secondo il socio francese non sono stati raggiunti i risultati sperati, l’utile “core” è calato e quindi qualsiasi ricompensa per il top management è ingiustificata, l’ad Pietro Labriola non dovrebbe avere nessun bonus. È la dura critica che Vivendi racchiude in una lettera indirizzata al cda ma che punta a colpire anche il Comitato remunerazione e nomine.
In assemblea, con il suo 24%, voterà no alla proposta sulla remunerazione ma boccerà anche i candidati alla sostituzione in cda di Arnaud de Puyfontaine.
Vivendi da gennaio non ha più rappresentanti in cda ma non per questo ha smesso di far sentire la sua voce. Dieci giorni fa il gruppo francese aveva scritto al board per chiedere di votare la vendita di Netco in un’assemblea straordinaria (dove la sua quota di maggioranza le dà di fatto un diritto di veto) ribadendo di ritenere le offerte ad oggi sul tavolo, sia quella di Kkr che quella di Cdp e Macquarie, insufficienti.
È una questione prima di tutto di prezzo, Vivendi stima non si dovrebbe vendere per meno di 30 miliardi mentre le proposte si aggirano intorno ai 20 miliardi e anche con i rilanci, secondo le indiscrezioni circolate, non si superano i 22 miliardi. Ora torna in pressing con una lettera che chiede di rendere pubblica insieme al materiale preassembleare. I soci si riuniranno il 20 aprile, per delega al rappresentante designato, ma i “giochi” saranno ormai fatti perchè il voto andrà espresso entro il 19 aprile e i francesi – anche se il voto sulla remunerazione 2022 non è vincolante – preannunciano che si opporranno e voteranno contro anche alla nomina di Paola Bruno, candidata degli investitori istituzionali, e a Franco Lombardi, presidente di Asati, in corsa per sostituire il dimissionario Arnaud de Puyfontaine.
Vivendi contesta “la mancanza di risultati e progressi” chiedendo su questa base “miglioramenti nella governance”. “L’Ebitda è diminuito, la generazione di liquidità è negativa e la leva finanziaria è aumentata a 5 volte l’Ebitda” avrebbe scritto Vivendi, legando la preoccupazione al “processo di definizione di Kpi e dei livelli obiettivo da parte del Comitato remunerazione”.
“La politica proposta non fornisce un livello sufficiente di fiducia che il management realizzi il piano strategico dell’azienda” sostiene il socio. Nel 2022, in base alla politica di remunerazione stabilita in assemblea, Labriola ha percepito 3,608 milioni (di cui 1,37 milioni di compensi fissi) e Rossi 600 mila euro (solo compenso fisso). Per il 2023, la nuova politica che i soci andranno a deliberare è una sostanziale riconferma. Dalla relazione del Comitato presieduto da Paola Bonomo emerge che a Salvatore Rossi come presidente saranno corrisposti 600.000 euro annui e a Pietro Labriola come amministratore delegato 1,4 milioni a cui si aggiungeranno altri 1,4 milioni se otterrà tutti gli obiettivi economico finanziari che il gruppo si è posto per il 2023 e 700 mila euro se porterà Tim a raggiungere i suoi obiettivi Esg. E’ solo nel 2023 che Vivendi non ha partecipato alle riunioni del board però nelle sue valutazioni – cita un passaggio della lettera – il Sole 24 Ore, indica un fallimento del Consiglio nell’esercizio dei suoi doveri fiduciari“.
Tornando al tema della vendita della società della rete Cdp-Macquarie e Kkr, che hanno già avviato i contatti con le banche per finanziare le loro proposte, hanno ancora 10 giorni per mettere a punto un’offerta migliorativa. Il termine è martedì 18 aprile e nessuna decisione sembra sia ancora stata presa.