
Con l’aiuto di Pechino e Mosca molte nazioni vorrebbero coagularsi in una forza che possa combattere l’egemonia di Washington senza, però, perdere l’appoggio degli Stati Uniti
Da qualche tempo Pechino preferisce usare la sua moneta e non più il dollaro per pagare alcune materie prime. Tra queste il gas russo ed è facile comprendere come mai la Cina preferisca affidarsi alla sua valuta nazionale o a quella di Mosca.
Ed il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva non sembra pensarla diversamente. Anche perché, attualmente, il neo eletto Lula deve riuscire, o per meglio dire vuole riuscire, a ridare vita all’asse parallelo agli USA e, più in generale, all’Occidente. Nulla più e nulla di meno dei famigerati Brics che, dopo una prima parentesi di crescita, sono caduti leggermente nell’oblio e che ora, complice anche la guerra in Ucraina e la polarizzazione delle forze mondiali in campo, potrebbero tornare in auge.
Con l’aiuto di Pechino e Mosca, infatti, molte nazioni vorrebbero coagularsi in una forza che possa combattere l’egemonia di Washington senza, però, perdere l’appoggio degli Stati Uniti. Da questi, ad esempio, proprio il Brasile ha recentemente ottenuto un pacchetto di investimenti in cambio del Chips and Science Act ovvero un provvedimento che impone severe restrizioni all’esportazione di chip e strumentazione per la loro creazione verso la Cina per 10 anni.
Il vantaggio? Riuscire ad avere fondi e tecnologie per stimolare la sua produzione di semiconduttori. Dall’altra parte, però, Lula non rinuncia alla potenza, soprattutto economica, di Pechino. Un aiuto potrebbe arrivare da Dilma Rousseff a capo della New Development Bank, l’istituto bancario del gruppo Brics. Ed è anche grazie ai possenti investimenti che la Cina ha fatto in Brasile che la dedollarizzazione può permettersi un altro passo avanti.
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