
La ristrutturazione del Franchi di Firenze e la nuova cittadella dello sport del “Bosco” di Venezia non si faranno. Perlomeno non con i fondi del Pnrr
Dopo settimane di interlocuzione e scambio di carteggi la commissione Ue mette la parola fine alla diatriba con Roma ed “esclude”, come sottolinea il governo, i due progetti degli stadi di Venezia e Firenze da quelli finanziabili con i fondi europei. Uno stop atteso che agita i sindaci delle due città ma che probabilmente permetterà di sbloccare la terza rata da 19 miliardi, come spiega l’Ansa.
Un sospiro di sollievo per il governo che aveva visto in bilico il nuovo assegno a causa di due progetti approvati con decreto ministeriale un anno fa (aprile 2022, con il vecchio governo) e su cui la commissione solo un anno dopo, “a fine marzo”, ha sollevato delle osservazioni.
Ora il ministro Raffaele Fitto fornirà a Bruxelles l’aggiornamento dei 55 obiettivi previsti a fine dicembre, con i piani urbani integrati di Firenze e Venezia senza lo stadio e il Bosco. E passerà all’incasso, probabilmente già nei primi giorni di maggio.
Certo, rimane la grana delle due opere (in parte già messe a gara nei due capoluoghi) ma intanto “andiamo a prenderci la rata”, sintetizzano dall’esecutivo. Ora spetta al governo, è la posizione comune dei primi cittadini sintetizzata dal presidente dell’Anci Antonio Decaro, trovare una soluzione.
Dal Pnrr il progetto di ristrutturazione dello stadio di Firenze doveva avere 55 milioni, il Bosco di Venezia, per varie opere connesse alla creazione di una cittadella dello sport nella zona di Tessera (ma non per lo stadio) contava su 93 milioni.
Risorse irrisorie, rispetto ai 200 miliardi del Recovery Plan, ma che non sarà semplice reperire altrove. Il mantra del governo, ripetuto da Giorgia Meloni anche in una lunga intervista a Milano Finanza, è quello della serietà e rigore nei conti. Ma le due opere saranno oggetto, assicurano dal governo, di “attenta valutazione” per trovare una via alternativa.
Nel frattempo quei 140 milioni saranno “riprogrammati” nel percorso di una più complessiva revisione del Piano, perché l’intenzione resta quella di “spendere bene e spendere tutto”, come ribadisce il vicepremier, Matteo Salvini, che ha fatto un punto a pranzo venerdì con Meloni su tutti i dossier, a partire dalla crisi idrica e dai prossimi provvedimenti da portare in Consigli dei ministri (il prossimo Cdm già fissato è quello per il lavoro il 1 maggio).
Ma Meloni, viene riferito, vedrà periodicamente entrambi i vicepremier per scambiare valutazioni sull’andamento del lavoro dell’esecutivo. Non solo Salvini ma anche Antonio Tajani, che nel frattempo assicura che il governo “farà di tutto perché possa essere garantita la realizzazione” delle due opere bocciate da Bruxelles. “Forza Italia è convinta che si debbano utilizzare tutti i fondi messi a disposizione” dalla Ue ma con la giusta “flessibilità” dice il ministro degli Esteri, nel giorno in cui scoppia una nuova polemica sulle intenzioni della maggioranza innescata dalle parole di Guido Crosetto.
“Io prenderei solo i fondi che sono sicuro di spendere” dice il ministro della Difesa in un evento pubblico di venerdì mattina riportato dalla Stampa sotto forma di intervista (poi smentita con minacce anche di azioni legali). Le sue parole, vanno all’attacco le opposizioni, mostrano un governo “in confusione”, perché riecheggiano quell’idea di rinunciare a parte dei fondi se non in grado di spenderli lanciato giorni fa dal capogruppo leghista alla Camera Riccardo Molinari. Ma a fare testo, assicurano dall’esecutivo, sono invece le parole di Meloni: “Il Pnrr non è un problema ma una grande opportunità che il governo non si lascerà sfuggire, nonostante errori e ritardi che ha ereditato”. Il lavoro ora è concentrato a “rimodulare il piano”. Ma senza rinunciare a neanche un euro.
(Foto ANSA)