
Si moltiplicano le iniziative per favorire gli sgravi contributivi per le mamme. Ma alcune hanno più difficoltà di altre
Secondo quanto ricordato dall’Osservatorio DOMINA – Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico, «la Legge di Bilancio 2022 ha riconosciuto, in via sperimentale, una riduzione dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri che sono rientrate dal periodo di maternità nel 2022». Una decisione che, aumentando la busta paga delle madri, vorrebbe essere un aiuto concreto e tangibile per sostenere i costi della maternità. Ma la novità riguarda anche le lavoratrici nel lavoro domestico, spesso prive delle tutele delle altre lavoratrici dipendenti in caso di maternità.
Infatti, come fanno notare sempre dall’Osservatorio «nel lavoro domestico è concessa solo la maternità obbligatoria (5 mesi) e non il congedo parentale (facoltativo). Inoltre, a differenza delle altre lavoratrici dipendenti che possono usufruire della maternità senza particolari vincoli, le lavoratrici domestiche devono aver accumulato un numero minimo di contributi. Oltre alla mancanza di congedo facoltativo non hanno diritto ai permessi per allattamento, né al congedo per la malattia del figlio».
Il problema sono, però, i numeri: i le lavoratrici nel settore domestico che potrebbero fare richiesta di questo sgravio sono solo 5 mila, 5.542 per la precisione. E per di più non è detto che tutte queste lavoratrici siano rientrate nel 2022. C’è poi anche la questione anagrafica: la gran parte delle rappresentanti di settore ha oltre 45 anni, un’età in cui è difficile riuscire a diventare madri. Questo porta il dato sull’incidenza delle mamme domestiche sul totale lavoratrici domestiche a meno dell’1%, mentre per le dipendenti arriva al 3,7%.
Un risultato che deve tener conto anche del progressivo invecchiamento. Dal 2015 le lavoratrici con almeno 1 giorno di maternità erano circa 11 mila, oggi, fanno sapere dall’osservatorio, il numero si attesta intorno alla metà.
Ma quale potrebbe essere il costo della maternità facoltativa? Sono sempre le cifre dell’Osservatorio a rispondere.
«Nel periodo di congedo parentale l’INPS eroga una indennità pari al 30% della retribuzione per 6 mesi, è possibile quindi stimare un aggravio per le casse dell’INPS per la maternità facoltativa delle 5.542 domestiche di circa 7 milioni. Considerando gli indennizzi ricevuti per la maternità obbligatoria delle neo mamme e utilizzando (in base al CCNL del lavoro domestico) come coefficiente giornaliero 26 giorni è stato possibile stimare il costo orario delle neo mamme ed il conseguente costo dell’INPS per sostenere le 2 ore di allattamento giornaliero fino al compimento dell’anno del bambino. La stima del costo totale per l’allattamento è pari a 3 milioni. Possiamo concludere che con una spesa massima di 10 milioni l’INPS potrebbe garantire anche alle lavoratrici domestiche tutti i diritti legati alla maternità che hanno le altre dipendenti».
FOTO: SHUTTERSTOCK