Sul podio il rame con il 44% del totale
Terre rare e materie prime strategiche stanno diventando un argomento di estrema importanza. Prima di tutto per la difficoltà di ottenerle, quindi per il pericolo di dover dipendere da altre nazioni per procurarsele. Ultimamente, però, si sta cercando di bypassare quest’ultimo punto ricorrendo al riciclo di quelle già esistenti.
Grazie a questo, infatti, si potrà soddisfare dal 20% al 32% del fabbisogno italiano annuo di materie prime strategiche già nel 2040 mentre il target del 15% fissato dalla Commissione Europea potrebbe essere toccato tra non più di 7 anni, nel 2030. La conferma arriva da uno studio di The European House – Ambrosetti in collaborazione con Iren che sottolinea anche un altro aspetto estremamente importante: la necessità di creare 7 impianti per il recupero di materie prime critiche con una possibile spesa di 336 milioni di Euro.
Secondo lo stesso studio il fabbisogno italiano nel 2020 è stato di quasi duemilaottocento tonnellate di materie prime strategiche. Sul podio il rame con il 44% del totale, una percentuale che potrebbe crescere di 11 volte entro il 2040. Una posizione, quella dell’Italia, che la vede coinvolta nell’uso di tutte e 17 le materie prime considerate strategiche e critiche dall’Unione Europea in particolare, rame, come detto, ma anche manganese, silicio metallico, nichel, magnesio, grafite, cobalto, terre rare, litio e titanio.
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