È lo scenario che emerge dal Focus dell’Ufficio Studi Sace, diffuso in occasione del Micam. L’export del settore è migliore del 4,1% rispetto a quello totale.
L’export della moda Made in Italy cresce del 5,6% nel primo semestre del 2023. Secondo le stime, l’incremento si assesterà sul +4,6% per il resto dell’anno e continuerà a ritmo sostenuto anche per il prossimo triennio (+3,7% in media). È lo scenario che emerge dal Focus dell’Ufficio Studi Sace, diffuso in occasione del Micam. L’export del settore è migliore del 4,1% rispetto a quello totale.
A trainare il comparto sono abbigliamento e pelli-accessori. Il fatturato a prezzi correnti sale del 7,2% (+3% rispetto alla media manifatturiera), con un +17% per l’abbigliamento. Si segnala però un lieve calo della produzione (-4,8%) nei primi sette mesi dell’anno. A livello di comparti, si osservano tuttavia delle eterogeneità, con l’abbigliamento che ha segnato un leggero incremento tendenziale (+1,6%).
In generale, la dinamica negativa sta risentendo del raffreddamento del ciclo manifatturiero, che riflette a sua volta sia un calo fisiologico dopo la forte ripresa post-Covid sia la perdita del potere d’acquisto dei consumatori causato dall’inflazione elevata. In termini di prospettive nel breve termine, il clima di fiducia delle imprese della Moda è risultato in lieve deterioramento, per i timori di un ulteriore indebolimento della domanda nazionale e estera.
A calare è la produzione di tessile, pelli e accessori, mentre l’abbigliamento segna un lieve aumento (+ 1,6%) rispetto ai primi sette mesi del 2022. L’andamento dei prezzi alla produzione, cioè al primo stadio della commercializzazione, è favorevole per il settore. Tra gennaio e giugno registra un + 7,2%, un incremento più intenso rispetto alla media manifatturiera (+4,2%) e dell’industria (+2%).
Nel primo trimestre del 2023- secondo il Barometro redatto nel rapporto – entrambi i comparti(tessile-abbigliamento e pelli-calzature) si sono posizionati tra i settori con un indice di rischio medio-basso, tra i 18 considerati, rimanendo invariati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Tra le componenti sottostanti all’indicatore, si segnala però un deterioramento – in termini relativi – del punteggio ottenuto dalle sofferenze bancarie (che segnala rischi di insolvenza delle imprese).
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