
Neuralink ha ottenuto il via libera per impiantare dei chip nel cervello di alcuni pazienti affetti da specifiche patologie. Cosa ne pensano i neurologi italiani
Alfredo Berardelli, presidente della Società italiana di neurologia, interviene (con l’Adkronos) sull’iniziativa scientifica lanciata da Neuralink, di Elon Musk, che cerca candidati – con quadriplegia dovuta a lesioni del midollo spinale o una sclerosi laterale amiotrofica – disposti a farsi impiantare un chip nel cervello per una sperimentazione.
«La prima cosa da dire è che dobbiamo sempre essere pronti e preparati alle innovazioni, come ricercatori non possiamo che avere questo atteggiamento. La ricerca lanciata da Elon Musk è un progetto che ha avuto l’ok dell’agenzia di riferimento americana ma credo ci siano alcuni paletti difficili da superare. Aspetteremo i risultati ma temo saranno limitati perché la tecnologia del chip impiantato nel cervello è una frontiera visionaria che da anni viene portata avanti. Ma dobbiamo essere chiari, se c’è una lesione globale penso che anche il chip non possa fare nulla. Mentre potrebbe essere tendenzialemente interessante applicare un microchip per stimolare zone del cervello che solo parzialmente sono danneggiate e mettere in atto i meccanismi di compenso e recupero».
«Ad ogni movimento di un arto si attivano determinate zone del cervello – spiega Berardelli, ordinario di Neurologia alla Sapienza di Roma – da queste aree partono degli impulsi, chiamiamoli messaggi elettrici, che viaggiano lungo connessioni che arrivano poi al midollo spinale. Quando c’è una lesione su questa ‘strada’, il soggetto è impossibilitato a muovere l’arto. In questo caso possiamo fare ben poco perché non esiste più una connessione tra cervello e midollo spinale. Pensiamo a chi ha avuto una lesione per un incidente, ad esempio una caduta da cavallo. Oppure a chi ha avuto problemi alle aree cerebrali, dove il tessuto ha subito una distruzione, anche qui non si può tornare indietro neanche con il microchip. Nel caso di ictus cerebrale o di una ischemia che porta alla paralisi – conclude – se l’area cerebrale è completamente lesa, penso sia difficile riattivarla con un chip. Forse se c’è una lesione parziale potrebbe esserci una speranza in più».
(foto SHUTTERSTOCK)