
Con la collega Perrazzelli, il membro del Consiglio di vigilanza guarda alle tappe superate ma soprattutto a quelle ancora da affrontare
Elizabeth McCaul (nella foto), membro del Consiglio di Vigilanza della Bce ha detto che la «Vigilanza della Bce a dieci anni dalla posa delle fondamenta del Ssm può guardare avanti fiera della fiducia ristabilita nel sistema bancario europeo». L’ha detto nel corso della conferenza internazionale organizzata dalla Banca d’Italia per celebrare i dieci anni dalla nascita dell’Ssm (meccanismo di vigilanza unico). «Ora – afferma McCaul – possiamo permetterci di incoraggiare l’uso di un maggiore giudizio nella vigilanza per approfondire laddove conta: diventare più agili, più sensibili al rischio e più efficaci come supervisori».
Dopo l’introduzione di Alessandra Perrazzelli, vice direttrice della Banca d’Italia e collega di McCaul nel board del Consiglio di Vigilanza, quest’ultima spiega il cambiamento culturale che dovrà fare la supervisione di Francoforte: «Questo non significa che dovremmo perdere la coerenza e il rigore metodologico che abbiamo raggiunto ma è necessario un cambiamento culturale verso un ulteriore utilizzo della vigilanza basata sul rischio e la richiesta alle banche di porre rimedio alle debolezze in modo tempestivo ed efficace. Non basta individuare le crepe; dobbiamo anche ripararle. O meglio: dobbiamo impegnarci al massimo per garantire che le banche le riparino».
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Secondo McCaul, andranno corrette le cause profonde «in modo sostenibile ed evitando soluzioni temporanee che non affrontano il nocciolo del problema».
Inoltre la consigliera ha raccomandato «attenzione alle istituzioni finanziarie non bancarie (Nbfi l’acronimo inglese), realtà non regolamentate che fino a pochi anni fa venivano individuate dai banchieri centrali con l’espressione shadow banking».
Secondo McCaul «finora non abbiamo prestato sufficiente attenzione all’avvertimento e il settore ora si è ampliato» afferma riferendosi alle parole pronunciate dieci anni fa dalle autorità Usa. «Dobbiamo colmare le lacune nei dati e rafforzare la supervisione normativa e di vigilanza del settore Nbfi, soprattutto in un contesto transfrontaliero. I numeri sono davvero sconcertanti: in un certo senso, il settore Nbfi nell’area dell’euro è raddoppiato dopo la crisi finanziaria globale, passando da 15.000 miliardi di euro nel 2008 a 31.000 miliardi di euro di oggi». Si tratta di un valore che «rappresenta la metà del settore finanziario».
E McCaul ha aagiunto che «la vigilanza della Bce cambierà approccio ora che ha raggiunto un livello di maturità tale da riconoscere che il capitale da solo non può affrontare tutti i rischi» ma questo cambiamento «non significa che aumenteranno o diminuiranno i requisiti di capitale».
«Penso che la vigilanza bancaria europea possa migliorare ulteriormente il modo in cui utilizza le misure qualitative per renderle applicabili e giuridicamente vincolanti». La banchiera centrale di Francoforte aggiunge: «Dobbiamo essere sinceri riguardo agli standard di vigilanza in modo che le banche sappiano esattamente cosa correggere. Laddove le banche sono troppo lente nel porre rimedio alle proprie debolezze, applicheremo misure di vigilanza con obiettivi e tempistiche chiaramente definite, concentrati sulle cause profonde, piuttosto che sui sintomi. Faremo pieno uso delle misure disponibili, degli strumenti correttivi e delle azioni coercitive, comprese, se necessario, sanzioni per problemi gravi o di lunga data».
McCaul non esclude la ‘minaccia’ del fardello patrimoniale: «Per esercitare una vigilanza più efficace e di maggiore impatto, le autorità di vigilanza devono sfruttare appieno i propri strumenti, compresi i requisiti patrimoniali, per innescare cambiamenti che miglioreranno la capacità delle banche di detenere e gestire il rischio».
«Negli ultimi due anni Elisabetta ed io (nel board, ndr) abbiamo puntato il dito nella stessa direzione dicendo: attenzione il business model sta cambiando – ha detto Perazzelli -, l’industria sta cambiando e abbiamo bisogno di capire come, con gli strumenti che abbiamo a disposizione, saremo in grado di vigilare entità che non ricadono sotto la nostra supervisione semplicemente perché non sono banche». L’angolo cieco della regolamentazione «ha creato forte preoccupazione per queste entità che possono provocare rischi sistemici senza supervisione».
(foto IMAGOECONOMICA)