
Mentre le associazioni di categoria dibattono sull’evasione, si fa calda la situazione contrattuale dei bancari. Fabi: “C’è il rischio che l’Abi sparisca”
Nella relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva, pubblicata in questi giorni dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Abi rileva che nel triennio 2018-2020 l’evasione fiscale e contributiva è stimata in 96,3 miliardi di euro annui, di cui 84,4 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,9 miliardi di mancate entrate contributive.
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In rapporto al gettito potenziale, l’evasione fiscale e contributiva incide nel triennio mediamente per il 18,4%.Per valutare l’intensità dell’evasione fiscale, è esplicitato che alcuni settori, tra cui banche, assicurazioni, Pubbliche Amministrazioni ed Enti non commerciali, sono considerati con evasione nulla.
«Ci rallegriamo con le banche che, grazie all’Abi, si sono appena autoproclamate, assieme alle assicurazioni e all’ampio mondo della pubblica amministrazione, contribuenti senza macchia e senza peccato: come dire che tutti gli altri sono evasori cioè partite Iva, piccole imprese, medie aziende e grandi industrie. Al netto della curiosa auto assegnazione del bollino blu di “evasione zero”, resta scarsa chiarezza, da parte del settore bancario, sull’ammontare esatto di tasse che ogni anno versa nelle casse dello Stato» dichiara il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
«Nelle scorse settimane avevamo chiesto alla stessa Associazione bancaria italiana di rendere note le loro cifre, in attesa delle quali ricordiamo quelle che noi abbiamo desunto dalle statistiche della Banca d’Italia: ammontano ad appena 4 miliardi e 300 milioni di euro le somme versate nelle casse dello Stato, da parte degli istituti di credito, nel 2022 a fronte di 88,1 miliardi di “fatturato”, di cui 45,5 miliardi legati ai prestiti (margine d’interesse) e di 25,4 miliardi di utile – prosegue -. Ne consegue che il tax rate è pari al 17,1% del rapporto tra tasse pagate e utile».
C’è maretta anche dal punto di vista contrattuale: «C’è il rischio che il contratto nazionale non si faccia e che l’Abi sparisca. Due rischi che non vorrei mai si concretizzassero, anzi io mi auguro che anche Intesa rientri al più presto all’interno del Comitato sindacale Abi. Noi vogliamo rinnovare il contratto nazionale in tempi rapidissimi, altrimenti salta tutto, percheègli stipendi sono fermi da anni e l’inflazione logora il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori. E deve essere chiaro che, se i tempi si allungano, mobiliteremo la categoria, anche con decisioni e iniziative che faranno scalpore. Avviso ai naviganti: se volete l’ingestibilità nei gruppi bancari e tutta una serie di iniziative che faranno scalpore, siete sulla strada giusta. Non esiste solo lo sciopero, esistono altri modi per farsi sentire e per farsi rispettare che neanche le banche possono evitare. Forse le banche possono condizionare una parte della stampa, ma con i social non hanno alcuna speranza. E anche lì siamo una macchina da guerra» ha detto in una intervista a Milano Finanza, il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, parlando del negoziato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro che interessa 280.000 lavoratori delle banche, scaduto a fine 2022 e prorogato fino al prossimo dicembre.
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Finora dalla controparte, ha aggiunto il segretario generale della Fabi, «sono state date risposte evasive e negative rispetto alle nostre richieste e per nostre intendo quelle unitarie di tutti i sindacati. Nelle riunioni dell’Esecutivo Abi fin qui svolte, alcuni rappresentanti delle banche hanno eretto dei muri».
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